Home > Per non dimenticare > Roma Papale > Lettera diciannovesima

Segreto del S. Uffizio come si mantiene

Nota 4. alla lettera diciannovesima di Roma Papale 1882

Tutti gli impiegati del S. Uffizio, anche gli infimi, debbono fare un giuramento solenne di non rivelare cosa alcuna, nè direttamente nè indirettamente, di quello che possa appartenere al S. Uffizio. Questo giuramento però non è sempre scrupolosamente osservato, perchè gli impiegati del S. Uffizio non sono, generalmente parlando, gli uomini i più scrupolosi del mondo. È vero che la violazione del giuramento è punita severamente; ma, quando si può essere certi di non essere compromessi, e quando vi è una buona mancia, non è certo la coscienza che impedirà a quegli uomini di violare il giuramento. Non è dunque strano che lo stesso individuo che carcerò il Pasquali nella maniera che abbiam veduto, sia poi andato egli stesso, per guadagnare la vistosa mancia di cento scudi, ad avvertire gli Inglesi, dai quali poteva esser certo di non essere tradito. I segreti del S. Uffizio poi sono noti a tante persone che è quasi impossibile che non si trovi fra esse qualcuno che li riveli, sia per malizia, sia per imprudenza. Fra gli impiegati del S. Uffizio non vi è segreto alcuno, possono tutti parlare fra loro delle cose del S. Uffizio. Ora gli impiegati sono molti, oltre gli impiegati superiori. Monsignore assessore, il fiscale, tutti i consultori hanno ciascuno un uditore che li aiuta a studiare le cause; vi sono inoltre una quantità di sostituti notai, una quantità di copisti: per cui il segreto è sparso in un bel numero di persone, e con un poco di danaro non è difficile scoprire quello che si vuole.

Vai ad inizio pagina.

« Nota precedente | Lettera | Nota successiva »