Nota 1. alla lettera sedicesima di Roma Papale 1882
È noto dalle storie contemporanee che i Francesi non agirono lealmente nell’ occupazione degli Stati romani. Non vogliamo dire con ciò che essi non sarebbero entrati per forza; ma constatiamo il fatto che essi si finsero amici per entrare, e dopo essere entrati sotto il manto dell’ amicizia agirono da nemici. È noto che il ministero francese carpì con inganno il voto dell’ assemblea per la spedizione romana, e che le istruzioni date al generale Oudinot erano di spegnere la Repubblica Romana e ristabilire con la forza il governo papale. Il governo della repubblica Romana prevedendo tali cose aveva ordinato la più disperata difesa a Civitavecchia per far noto al mondo che se i Francesi entravano vi entravano come nemici. Ma il governo francese volea ingannare e Roma e il mondo.
Il 24 di aprile 1849 si presentò nel porto di Civitavecchia la fregata a vapore Panama. Scesero a terra il signor Latour d'Auvergne segretario di legazione, il signor Espivent aiutante di campo del generale Oudinot, ed un aiutante di campo del generale Regnault, e domandarono udienza al preside della provincia. Il preside li ricevè alla presenza del comandante di piazza e del comitato di difesa. I messi francesi annunziarono che quella spedizione era pacifica, e presentarono un dispaccio del generale Oudinot, capo di quella spedizione, nei seguenti termini:
"Sig. Governatore,
"Il governo della repubblica Francese nella sua sincera benevolenza verso le popolazioni romane, desiderando metter termine alle condizioni in cui esse gemono da più mesi, ed agevolare lo stabilimento di uno stato di cose egualmente lontano dalla anarchia di questi ultimi tempi e dagli abusi inveterati che prima degli avvenimenti di Pio IX desolavano gli Stati della Chiesa, ha risoluto di inviare a Civitavecchia un corpo di truppe di cui mi ha confidato il comando.
"Io vi prego di dare gli ordini opportuni perchè queste truppe, mettendo piede a terra subito dopo il loro arrivo come mi è stato prescritto di fare, vengano ricevute ed alloggiate come si conviene ad alleati chiamati nel vostro paese da così amichevoli intenzioni.
"Accogliete, signor Governatore, l’assicurazione della mia singolarissima stima.
" Il Generale comandante in capo
rappresentante del popolo
OUDINOT DI REGGIO."
Il governatore non vide chiaro in quel dispaccio, e disse spedire immediatamente un corriere a Roma, ed impegnarsi di dar la risposta in quattordici ore. I messaggi francesi insistevano per una risposta immediata minacciando uno sbarco, ed il governatore rispose, che se lo avessero tentato, egli avrebbe usato la forza per respingerli. Allora gl' inviati francesi fecero la seguente dichiarazione che fu stampata ed affissa per la città.
"Il governo della repubblica francese, animato da intenzioni liberali, dichiarasi in obbligo di rispettare il voto della maggioranza delle popolazioni romane e di venir come amico nel suo scopo di mantenere la sua influenza legittima, e risoluto di non imporre a queste popolazioni veruna forma di governo che non fosse da esse desiderata."
Con tali inganni sbarcarono i Francesi in Civitavecchia, protestandosi amici, ed operando da nemici." Caro amico e fratello,
" Vi scrivo con le lacrime agli occhi, ed il cuore spezzato per il dolore. Mentre scrivo queste linee, i soldati francesi bombardano Roma, distruggono i suoi monumenti, uccidono con la loro metraglia i suoi cittadini, ed il sangue scorre a torrenti. Ruine si accumulano sopra ruine, e Dio sa quale sarà la fine di questa terribile lotta. Si teme che, se i Francesi entrano in Roma per assalto, il popolo nella sua rabbia non si lasci trascinare a massacrare tutti i preti e frati e le monache: ed in questo caso che bella vittoria avrebbe ottenuta la Francia! che bella restaurazione avrebbe fatto dell’ autorità papale! L’ istoria c’insegna che generalmente parlando le restaurazioni operate dalla forza non sono durevoli, e i troni rialzati sopra i cadaveri e nel sangue, finiscono per essere ben presto rovesciati di nuovo per scosse più violente. Fra tutte le combinazioni discusse a Gaeta per rimettere il papa sul trono, è stata scelta la più deplorabile e la più funesta.
"Ma quello che più maggiormente affligge ogni anima cattolica è che se questa restaurazione ha luogo, essa senza ristabilire il potere del principe percuoterà e forse distruggerà l’ autorità del pontefice. Ogni colpo di cannone lanciato contro Roma distrugge a poco a poco la fede cattolica nel cuor dei Romani. Io vi ho già detto la orribile impressione che han fatto sul popolo di Roma i Confetti di Pio IX (* Per intendere quest’ espressione, bisogna sapere, che in Roma nel carnevale, in segno di allegria e di amicizia, si gettano i confetti sopra gli amici. Ad ogni bomba francese che cadeva nel popolatissimo rione di Trastevere, quei popolani erano pronti ad accorrere con secchi di acqua a smorzarle e chiamavano quello bombe i confetti di Pio IX ai suoi cari figli.) mandati ai suoi figli e l’ odio che aveano eccitato contro i preti. Ma tuttociò è nulla in paragone della rabbia che le bombe francesi hanno eccitato nel popolo contro la Chiesa e contro il Cattolicismo. Siccome la maggior parte di quelle bombe sono cadute in Trastevere ed hanno rovinato le case dei poveri e uccise le loro famiglie, così i Trasteverini in particolare, quella porzione della popolazione romana che era la più cattolica, ora maledice e bestemmia il papa ed i preti a nome dei quali vede commettere così orribili stragi.
" Io sono lungi dal credere che Pio IX voglia tutte queste cose, anzi credo che neppur le conosca. Io so che egli è in un tale stato d’ isolamento che la verità dei fatti non può giungere fino a lui, o se vi giunge vi giunge molto alterata. Io so che il povero papa, circondato da gente cattiva ed imbecille, rilegato nel fondo di una cittadella e poco padrone di se stesso, è quasi prigioniero. Io so che si abusa della debolezza del suo carattere, della delicatezza di sua coscienza e della sua malattia nervosa che lo sottomette all’ influenza di quei che lo circondano.
" Ma questo che io credo e so, il popolo romano non lo sa e non lo crede. Il popolo sa e crede quello che vede e quello che soffre. Egli vede gli Austriaci, che, guidati da un prelato del papa (monsignor Bedini), portano la desolazione e le stragi nelle legazioni, bombardano le città, impongono contribuzioni enormi ai più pacifici cittadini, fucilano ed esiliano i migliori patriotti e ristabiliscono per tutto il despotismo clericale. Il popolo vede che i Francesi a nome del papa fanno scorrere il sangue romano e distruggono la loro bella città. Il popolo vede che è il papa il quale ha sguinzagliate quattro potenze armate di tutti i mezzi di distruzione contro il popolo romano, come si sguinzagliano i mastini contro una bestia feroce; e, vedendo tali cose, egli non sente più nulla e si leva contro il papa e contro la Chiesa in nome della quale il papa proclama essere suo dovere riacquistare colla forza il dominio temporale.
" Il signor D'Harconrt scriveva da Gaeta: " La ragione e la carità sono bandite egualmente da Roma e da Gaeta." In queste parole vi è tutta la storia dei sette ultimi mesi. Gli eccessi di Roma, che nessuno intende approvare, sebbene inevitabili in tempo di rivoluzione, sono stati superati dagli eccessi di Gaeta. Non una parola di pace, di riconciliazione, di perdono; non una promessa di mantenere le pubbliche libertà che si aveva il diritto di attendere dalla bocca del papa e di un papa come Pio IX. Nessuna di queste cose è venuta fuori da quel rifugio dell’ assolutismo, da quella raccozzaglia di sciocchezze e di malignità congiurate insieme, per soffogare nella bell' anima di Pio IX ogni sentimento di carità e d’ amore.
" Si è letta l’ultima allocuzione dal papa ai cardinali. Quale imprudenza, quale sciocchezza mettere nella bocca del papa i più pomposi elogi dell’ Austria e del re di Napoli, che sono i più grandi nemici dell’ indipendenza italiana, e i di cui nomi soltanto fanno orrore ad ogni Italiano!
" Quale imprudenza di avere fatto dire al papa che è egli stesso che ha fatto appello alle potenze per essere ristabilito su quel trono che egli stesso avea abbandonato! è come se egli avesse detto: " Io voglio fare al mio popolo quella guerra che l’ anno scorso dichiarai non voler fare ai Croati ed agli Austriaci oppressori dell’ Italia."" Quindi comprenderete bene perché le chiese sono state devastate; non si vuol più nè confessione, nè comunione, nè messa, nè predica. In Roma non si predica più perché mancano gli uditori. Non si vuole più nulla di quello che è presentato dal prete o che sa in qualche modo di prete.
" Per me Pio IX è sempre il Vicario di Gesù Cristo, il capo della Chiesa, il maestro, il dottore, l’interprete infallibile della regola della fede, dei costumi. Le debolezze ed anche gli errori dall’ uomo non mi fanno dimenticare in lui le sublimi prerogative del pontefice. Ma il popolo può comprendere cotali cose? può egli sollevarsi e fermarsi a queste distinzioni teologiche? Disgraziatamente nello spirito del popolo i delitti e le crudeltà dell’ uomo sono i delitti e le crudeltà dal prete, gli errori del re sono gli errori del papa, le infamie della politica sono gli effetti della dottrina della religione.
" I miei amici di qui mi nascondono tutto quello che si fa e si dice a Roma in questo senso: essi vogliono risparmiarmi l’immenso dolore che mi cagionerebbero tali notizie. Malgrado queste cure delicate, io ho saputo che in Roma tutta la gioventù, tutti gli uomini istruiti sono venuti a questo ragionamento: "Il papa vuol regnare per forza sopra a noi, vuole per la Chiesa e per i preti la sovranità che non appartiene che al popolo; egli crede e dice che è suo dovere agire in tal guisa, perchè noi siamo Cattolici, perchè Roma è il centro del Cattolicismo. Ebbene chi c’impedisce di finirla col Cattolicismo, di farci Protestanti se occorre? ed allora qual diritto politico potrà vantare su noi? non è egli cosa orribile il pensare che perchè siamo Cattolici e figli della Chiesa dobbiamo essere padroneggiati da essa, abdicare tutti i nostri diritti, aspettare dalla liberalità dei preti, come una concessione, quello che ci è dovuto per giustizia, ed essere condannati alla sorte più miserabile dei popoli?"
" Ho saputo ancora che tali sentimenti sono divenuti assai più comuni di quello che io pensava, e che sono penetrati perfino nel cuore delle donne. Così venti anni di fatiche apostoliche che ho sopportate per unire sempre più il popolo romano alla Chiesa sono state perdute in pochi giorni. Ed ecco verificato disgraziatamente anche al di là delle mie previsioni tutto quello che io avea predetto in tutte le mie lettere. Il Protestantismo si trova piantato di fatto in una gran parte di questo popolo romano così buono e così religioso; e, cosa orribile a dirsi, tutto ciò è avvenuto a cagione dei preti e per la cattiva politica nella quale hanno trascinato il papa.
" Ah! mio caro amico, l’idea di un vescovo che fa mitragliare i suoi diocesani, di un pastore che fa scannare le sue pecore, di un padre che manda sicari ai suoi figli, di un papa che vuol regnare ed imporsi a tre milioni di Cristiani per mezzo della forza, che vuole ristabilire il suo trono sulle ruine, sui cadaveri, sul sangue; quest’ idea, dico, è così strana, così assurda, così scandalosa, così orribile, così contraria allo spirito ed alla lettera dell’ Evangelo, che non vi è coscienza che non ne sia stomacata, non vi è fede che possa resistere ad essa, non vi è cuore che non ne frema, non vi è lingua che non si senta spinta a maledire, a bestemmiare! era meglio mille volte perdere tutto il temporale e il mondo intero se fosse bisognato, piuttosto che dare un tale scandalo al popolo.
" Oh! se Pio IX fosse stato lasciato a se stesso! se egli avesse potuto agire non consultando altro che il suo cuore! in primo luogo egli non avrebbe mai abbandonata Roma; e se fosse stato obbligato ad abbandonarla, non avrebbe lasciato lo Stato romano; egli sarebbe andato a Bologna, o ad Ancona, o a Civitavecchia, e vi sarebbe stato accolto come un inviato del cielo. I Romani si sarebbero affrettati d’ indirizzargli tutte le possibili onorevoli soddisfazioni. Egli non sarebbe andato a Gaeta: di là non avrebbe respinta la deputazione che gli mandava la città di Roma: non avrebbe fulminata quella scomunica che allontanò dalla costituente tutti gli uomini di coscienza timorata, tutti i suoi amici. Consigliato di provocare l’intervento armato delle potenze, avrebbe risposto che quello che è indifferente per un re, è scandaloso per un padre; e che non si sarebbe mai detto che Pio IX avrebbe fatto la guerra al suo popolo. Avrebbe detto che egli non voleva riconquistare colla forza, quello che più non poteva possedere per l’ amore. Avrebbe detto: " L’esilio, mille volte l’esilio piuttosto che versare una sola goccia del sangue dei miei figli, piuttosto che appellarmi alle baionette ed ai cannoni, che sottomettendo per forza il mio popolo mi farebbero perdere il suo amore, e lo allontanerebbero dalla Chiesa e dalla religione." Se Pio IX avesse tenuto un tale linguaggio, se avesse fatte delle allocuzioni in questi sensi, il popolo romano si sarebbe levato in massa, sarebbe andato a cercare il suo pontefice, lo avrebbe ricondotto in trionfo e sarebbe stato felice di vivere sotto l' ubbidienza di un tal principe. Quello sarebbe stato il mezzo il più sicuro, il più efficace di risvegliare la reazione, o renderla potente. Ma l' appello alla forza ed alla guerra, la presenza ed il terrore del combattimento, a vece di determinare la reazione, l’ hanno indebolita, disarmata, annientata. Anche coloro che una volta erano per il papa, han trovato giusto ed onorevole che si rispondesse alla guerra con la guerra; hanno ripudiato Pio IX come re, e cominciano già a respingerlo anche come pontefice.
" È probabile che Roma soccomba sotto l’ attacco delle armi francesi: come difatti resistere alla Francia? È possibile che il papa rientri in Roma portando in mano la spada invece che la croce, preceduto dai soldati e seguito dal carnefice, come se Roma fosse la Mecca ed il Vangelo fosse il Corano; ma egli non regnerà più sul cuore dei Romani; sotto questo aspetto il suo, regno è finito, finito per sempre; egli non sarà più papa che sopra un piccolo numero di fedeli.
" L’immensa maggioranza resterà protestante di fatto, perchè essa non praticherà più la religione, tanto sarà grande il suo odio contro i preti. Le nostre predicazioni non potranno più far nulla, ci sarà impossibile di fare amare, o almeno tollerare la Chiesa cattolica da un popolo che avrà imparato ad odiarla e disprezzarla in un papa imposto dalla forza, e in un clero dipendente da quel papa. Ci sarà impossibile di persuadere che la religione cattolica è la madre e la tutrice della libertà dei popoli, e la garanzia della loro felicità. I più belli argomenti, i più sensibili ai nostri giorni, i soli che sieno gustati dai popoli, i più efficaci, quegli argomenti di fatto, in forza dei quali due anni or sono facevano trionfare la religione negli spiriti più ribelli, nei cuori più duri, quegli argomenti ci sono ora stati strappati di mano. Il nostro ministero è divenuto sterile, e noi saremo fischiati, disprezzati e forse ancora perseguitati e massacrati.
" Ringraziate dunque a nome della Chiesa di Roma vostri sedicenti cattolici, i vostri giornali pretesi religiosi. Essi possono andare superbi di avere incoraggiato e sostenuto l’ attuale governo francese in questa guerra fratricida…… che non lascerà nella storia, se non che una di quelle pagine sanguinolente che l’ umanità e la religione debbono espiare per lunghi secoli. Sono riusciti ad estinguere la fede cattolica nel suo centro, ad uccidere il papa, ostinandosi a ristorare il suo trono. L’ immenso male che han fatto lo comprenderanno un giorno, ma sarà troppo tardi.
" Fate di questa lettera quell’ uso che vorrete: se la pubblicate, essa avrà il vantaggio di predicare ad un clero stordito, e con questo terribile esempio insegnargli che non dobbiamo lasciarci dominare dagl' interessi temporali, altrimenti, a somiglianza dei Giudei, non solamente non potremo salvare il temporale, ma perderemo anche i beni eterni: " Temporalia omittere dimuerunt et vitam aeternam non cogitaverunt, et sic utrumque amiserunt." Il clero deve prendere seriamente a difendere la causa del popolo, non quella del potere; deve farsi il tutore delle libertà pubbliche, non deve mai invocare la forza del potere per sottomettersi i popoli, ma deve unirsi ai popoli per ricondurre il potere nelle vie della giustizia e della carità del Vangelo. È tempo altresì che il clero di Francia smetta di combattere imprudentemente e sistematicamente tutto quello che s’ indica sotto il nome di socialismo. In ogni sistema vi è del buono, perciò S. Paolo dice: " Omnia probate, quod bonum est tenete," altrimenti la questione socialista, lasciata a sè stessa o perseguitata dal clero, ucciderà il cattolicismo in Francia, come la questione della libertà e della indipendenza italiana, combattuta dal clero romano e dal suo capo, ha ucciso il Cattolicismo in Italia e nella stessa Roma.