Carità e filantropia
Nota 19. alla lettera quindicesima di Roma Papale 1882
È verissimo che la carità è superiore alla filantropia; ma è falso che sia carità il dare danari ai Gesuiti. La filantropia significa amor dell' uomo: quando ci moviamo a compassione dell' altrui miserie, degli altrui dolori, e ci sforziamo a sollevarli, siamo filantropi. La filantropia è propria di ogni uomo di buon cuore sia credente o no: un Turco, un Ebreo può essere ed è bene spesso filantropo. Ma il cristianesimo ha sollevato fino a Dio questo nobile sentimento dell' uomo, e lo ha, direm quasi, divinizzato. Quando l' uomo vede nel suo simile sofferente Gesù Cristo; quando solleva il suo simile non solamente perchè è tale, ma perchè Gesù Cristo ha detto: "Tutto quello che avrete fatto all' ultimo di questi fratelli lo avrete fatto a me;" allora quell' atto non è più filantropia, ma carità. Ma dare ad un panciuto e ricco frate non è carità, nè filantropia, anzi è opporsi all' una e all'altra.
Non vi è dottrina più malmenata dai frati quanto la dottrina della carità: essi sacrilegamente si mettono al posto di Dio, ed a nome di Dio tolgono i danari ai poveri per gavazzare alla barba di essi. I Gesuiti specialmente per carpire danaro abusano di quel passo dell' Evangelo, nel quale Gesù Cristo loda quella donna che versava il balsamo sopra di Lui; ma essi ne abusano sacrilegamente. Gesù Cristo non dice di spendere per Lui invece di spendere pei poveri: Gesù Cristo loda quella donna perchè la sua azione era un' azione profetica che prediceva la sua sepoltura, ed aggiunge: "Voi avrete i poveri sempre con voi, ma non avrete sempre me." Onorare Iddio con le elemosine non vuol dire dar danaro a preti e frati, non vuol dire abbellire le chiese e coprirle di oro e pietre preziose; ma vuol dire sovvenire ai poveri e procurare coi mezzi che il Signore ci ha dati l'avanzamento del regno di Dio. Questa è carità evangelica, l' altra è carità gesuitica.