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Nota 20. alla lettera quattordicesima di Roma Papale 1882
Se si volesse tessere la storia delle cospirazioni de' gesuiti, bisognerebbe scrivere dei volumi. Per darne un semplice saggio, ci limiteremo a dire poche cose sulla notissima cospirazione delle polveri in Inghilterra, e quello che ne diremo sarà tolto non da autori protestanti, ma da autori cattolici, e dagli atti di quel processo.
Prima d'ogni altra cosa è da considerare un fatto rapportato dal presidente De Thou nella sua storia, che cioè verso la fine del regno di Elisabetta, i preti cattolici inglesi fecero un memoriale al papa contro i gesuiti d'Inghilterra. Dicevano in esso que' preti "che i Gesuiti erano i soli autori delle persecuzioni che i Cattolici soffrivano in Inghilterra; che finoacchè i Gesuiti non erano andati colà, i Cattolici avevano sempre conservata fra loro una stretta unione; che in que' tempi felici nessun Cattolico era mai stato accusato del delitto di lesa maestà... non appena però erano andati i Gesuiti, che tutto aveva cambiato faccia... i Gesuiti avevano dimenticato di non essere che semplici religiosi, e la loro ambiziosa politica si era manifestata; essi pretendevano vendere i regni, e mettere all'incanto le corone; essi avevano fatti libelli famosi contro i principali magistrati; avevano sparse lettere sediziose, nelle quali si minacciavano irruzioni di truppe straniere nel regno, ed avevano scritto molti volumi sulla successione al trono, ciò che era proibito sotto pena di morte. Queste temerarie imprese han reso tutti i Cattolici rei di Stato." Non sono protestanti, non sono increduli che scrivono queste cose; ma sono preti cattolici, e le scrivono al papa.
Ma per venire alla cospirazione delle polveri, ecco come essa accadde.Un tal Castelby gentiluomo di provincia, zelantissimo cattolico e legato in stretta amicizia co' Gesuiti, e specialmente col P. Garnet loro superiore, concepì l'infame disegno. Raunò alcuni pochi suoi amici, e li chiamò a parte della congiura. "Noi potremmo, diceva, disfarci del re, in cento differenti maniere; ma che ci gioverebbe se lasciassimo poi vivere il principe di Galles ed il duca di Jork (i figli del re)? Quando noi avremmo fatto perire il re ed i suoi figli, avremmo ancora un parlamento fermo, vigilante, ed attento sulle nostre azioni; avremmo a temere molti grandi del regno, uomini di profondo sapere, lordi potenti, tutti impegnati nella eresia, ai quali ci sarebbe impossibile resistere... Bisogna dunque attaccarli tutti insieme, ed unire tutte le nostre forze per questa grande impresa."
Dopo avere così preparati gli animi, disse ch'egli aveva immaginato il mezzo di far perire con un sol colpo tutti i principali nemici della religione cattolica; ch'egli era risoluto di fare una gran mina sotto il palazzo del parlamento, e nel giorno dell'apertura, quando il re, circondato dalla sua famiglia, da' grandi, dai vescovi, dai lordi, dai deputati, faceva il suo discorso di apertura, farla esplodere, e seppellire così sotto le ruine dell'immenso palazzo tutti. I congiurati accondiscesero.
Castelby però temeva che qualcuno, preso da scrupolo, lo tradisse: per parare questo colpo, condusse i congiurati dal P. Garnet provinciale de' Gesuiti, amicissimo del Castelby, al quale, in presenza de' congiurati, propose questo caso di coscienza: "Se per difendere la causa de' cattolici, contro gli eretici, come la necessità lo richiedeva, era permesso d'inviluppare nella stessa ruina alcuni innocenti, insieme con molti colpevoli. "Il P. Garnet, senza esitare, rispose: che se vi era il vantaggio della religione cattolica (ecco cosa significa la indifferenza de' mezzi, purchè conducano al fine!), e che il numero de' colpevoli fosse stato maggiore di quello degl'innocenti, era lecito. E per appoggiare questo parere portò questo esempio: "Se si trattasse di riprendere una città dalle mani del nemico e che nella piazza vi fossero alcuni amici, ci asterremmo per essi di dare l'assalto? I nostri amici dovrebbero anch'essi subire la sorte della guerra."
Assicurati così dalla autorità del P. Garnet in grande stima di dottrina e di santità, i congiurati si confessarono e comunicarono, ed avanti all'ostia fecero solenne giuramento di compiere il loro disegno e di osservare il più inviolabile segreto su tutto. Il P. Gerard gesuita li confessò e comunicò, e ricevè il loro giuramento.
L'apertura del parlamento doveva aver luogo il 7 luglio 1604, ma fu prorogata al 7 febbraio 1605, e ciò diede maggior tempo ai congiurati. Uno di essi (Percy) prese in affitto una casa vicino al palazzo di Westminster, e s'incominciò nelle cantine a cavare la mina. Intanto Castelby mise a parte della cospirazione il suo servo Tommaso Bates, e, siccome tentennava, lo mandò dal P. Greenwell Gesuita, il quale lo rassicurò sulla santità dell'impresa.
La mina era stata praticata fino alle fondamenta del palazzo, ma allora si trovò una difficoltà insormontabile. Le fondamenta del palazzo, tutte in pietra, non potevano essere forate senza fare un gran rumore. Allora scoprirono che in una casa vicina, vi era una grotta che era perpendicolare al luogo dove era il trono del re, e che colui che abitava la casa alla quale codesta cantina apparteneva, era morto. Percy prese in affitto quella casa, e la mina fu fatta in quella cantina.
Intanto il P. Garnet scriveva al P. Baudouin che era ne' Paesi Bassi (sotto il dominio allora degli Spagnuoli) di tener pronte le truppe spagnuole sulla costa del mare, di aver pronti i trasporti per appoggiare la rivolta.
La mina era composta di 36 barili di polvere, ed era tutta coperta con legna, fascine, carbone, e pietre. L' apertura del parlamento era fissata pel 5 novembre 1605, ed i congiurati erano tutti pronti. Ma Iddio non permise la esecuzione di così orribile delitto, ed ecco il come.
Dieci giorni prima dell'apertura del parlamento, il barone di Montéagle ricevè una lettera anonima, nella quale gli si diceva che, se gli era cara la vita, non andasse all'apertura del parlamento, che anzi si ritirasse subito ne' suoi beni. Gli si raccomandava anche, per suo bene, di bruciar subito quella lettera, e non farne parola con alcuno.
Il barone, da quell'uomo onesto ch'era, mandò, con le debite precauzioni, la lettera al segretario di Stato, il quale da principio non ne fece alcun caso; poi ripensandovi meglio la mostrò al re; ma senza darle alcuna importanza. Il re vi pensò sopra alcuni giorni (perchè gl'Inglesi non peccano mai di precipitazione), poi convocò il consiglio de' ministri, e si decise di fare una visita di polizia al palazzo dì Westminster e suoi contorni. Fu fatta la visita il lunedì quattro, vigilia dell'apertura, fu anche visitata la grotta ove era la mina, ma non si vide in essa che una quantità di legna e carbone: si domandò a qual uso servisse quella gran provvisione, e fu risposto che era per l'uso del signor Percy locatario di quella casa. Nella grotta vi era il servo di Castelby, ed interrogato perchè fosse colà, rispose essere il servo del signor Percy, che era disceso per prendere carbone.
La polizia fece rapporto al ministro di questa visita, e solo osservò che la quantità di legna e carbone ammassato in quella cantina, le era sembrata eccessiva per l'uso di un particolare; e che l'aspetto del servo del Percy trovato in cantina le era alquanto sospetto. Il ministro riferì al re, il quale alla mezzanotte ordinò un'altra visita più rigorosa in quella cantina.
Nell' avvicinarsi alla casa del Percy, la polizia trovò quel servo che aveva veduto in cantina, e lo legò senza complimenti; fu perquisito sulla persona, e gli si trovò dell'esca, e tutto l'occorrente per accenderla, più tre miccie. S'incominciarono a toglier le legna, e si scoprì la mina preparata. I congiurati fuggirono, ma furono quasi tutti presi: Castelby e Percy si difesero disperatamente, e furono uccisi. Il servo confessò; ma disse che sua intenzione era di metter fuoco alla mina, e di seppellirsi con loro sotto le ruine.
I congiurati confessarono e furono condannati alla morte. Il re aprì quella mattina il parlamento. I tre Gesuiti Garnet, Gerard e Greenwell presero la fuga e si nascosero: ma presi, dopo un lungo processo, nel quale furono sempre negativi; convinti però con testimonianze, e con le stesse loro lettere intercettate, furono condannati all'estremo supplizio.
Tutto quello che abbiamo detto in questa nota è un brevissimo estratto della storia del De Thou, il quale racconta a lungo questa cospirazione.