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Enrico ad Eugenio
Roma, Febbraio 1847.
Come ti diceva nell'ultima mia, l'appuntamento era stato preso per trovarci nella sera seguente alla prima discussione nella casa del signor Manson; ma, ricordandomi che io dimorava in un convento, e che non poteva restare lungo tempo fuori la sera, senza incorrere pericolo di trovare la porta irremissibilmente chiusa, vi andai nel dopo pranzo per iscusarmi, e prendere un altro appuntamento per altro giorno ed altra ora.
Non so se debbo dire per mia disgrazia, o per mia fortuna, trovai i tre amici insieme, che erano sul punto di uscire per una passeggiata. Mi fecero le più cordiali accoglienze, e m'invitarono ad unirmi con loro nella passeggiata; e, vedendo che io esitava ad accettare l'invito, il signor Pasquali mi disse: "Non temete, signor abate: noi non andremo per città; ma faremo una passeggiata in luoghi solitari, e così eviteremo i chiassi del carnevale, e potremo parlare liberamente."
Eravamo allora appunto in pieno carnevale (Nota 1 - Il carnevale a Roma). Tu non sai cosa sia il carnevale in Roma! Non ti nasconderò che per noi stranieri, nati ed educati in paesi seri, esso è una cosa alquanto scandalosa. Vedere la città santa darsi tutta intera ai baccanali de' Gentili, ingolfarsi in ogni sorta di disordini e di gozzoviglie, sono cose che a noi forestieri ci sembrano cattive, ed in questo conveniva co' miei amici; ma i Romani le tengono per divertimenti innocentissimi.
Per evitare il chiasso, andammo fuori della porta Pia (Nota 2 - Porta Pia). La via che da quella porta conduce alla chiesa di S. Agnese ed alle annesse catacombe, è molto ariosa, ed è la passeggiata prediletta de' Gesuiti, che ne' giorni del carnevale vi s'incontrano quasi soli. Io non amava farmi vedere dai Gesuiti con quella compagnia; perciò invitai i miei compagni ad entrare nella villa Patrizi che è a pochi passi dopo la porta. Entrati in essa, eravamo soli, non essendovi in essa in que' giorni che il custode del magnifico palazzo. Giunti sul belvedere che è avanti l'ingresso del palazzo, ci sedemmo sopra i sedili di marmo.
"Signori miei, disse il Valdese, se vogliamo incominciare la nostra discussione, io propongo d'incominciarla con una preghiera:" e, tratta di tasca la sua Bibbia, si levò e, scopertosi il capo, lesse nel capo XI del Vangelo di S. Luca dal vers. 9 al 13: quindi, richiuso il libro, fece una preghiera così commovente, parafrasando que' versetti, e domandando per noi tutti l'abbondanza dello Spirito Santo, che mi commosse fino alle lacrime. "Oh! Quale acquisto sarebbe per noi, diceva dentro di me, se quest'uomo venisse alla nostra santa religione!"
Finita la preghiera, il Valdese ci domandò se avevamo dei passi della Bibbia che potessero condurci a conoscere più chiaramente la verità sulla discussione incominciata il giorno innanzi.
Il signor Sweeteman disse che ne aveva alcuni, ma che siccome riguardavano piuttosto l'autorità della Chiesa, e non quella del Papa, così si riserbava citarli quando si sarebbe trattato della Chiesa. "In quanto al papa, soggiunse, io lo riconosco come vescovo di Roma, e nulla più; come riconosco il vescovo di Londra per un vescovo e nulla più."
Il signor Manson disse, ch'egli non trovava nulla a ridire su que' passi di Bibbia; ma che non li considerava sotto il punto di vista del signor Pasquali: egli li interpretava non arbitrariamente, ma come erano stati interpretati dalla Chiesa primitiva (Nota 3 - I Puseiti). I Padri della Chiesa primitiva conoscevano que' passi; eppure tutti sono stati d'accordo nell'ammettere il primato del Vescovo di Roma. Il fatto che la primitiva Chiesa credesse al primato del papa è un fatto innegabile: dal quale fatto egli deduceva questo argomento: "O tutta l'antica Chiesa ha errato, o errate voi: certo non potete farmi credere che tutta l'antica Chiesa abbia errato; dunque mi permetterete di pensare che voi piuttosto siete nell'errore. Però, intendiamoci bene: io non convengo co' teologi romani intorno a tutte le prerogative che essi dànno al Papa in forza del suo primato. Essi vanno a cadere in altro eccesso: per essi il Papa è quasi un Dio, lo fanno infallibile, e quasi onnipotente; ed in coteste cose non posso convenire con loro, ma il primato nella Chiesa non glielo posso negare."
Io attendeva con ansietà la risposta del Valdese a cotali ragioni; ma egli, voltosi placidamente verso di me, mi disse: "Ed ella, sig. Abate, ha nulla da opporre?" "Ho molte cose, risposi; ma desidererei che sciogliesse prima l'argomento del signor Manson." "Siccome suppongo, egli disse, che i vostri argomenti non differiscano molto dai suoi, così riserberei di rispondere nello stesso tempo all'uno ed all'altro."
Allora io incominciai l'attacco citando il celebre passo di S. Matteo, capo XVI, vers. 18, 19: "Ed io altresì ti dico che tu sei Pietro, e sopra questa pietra io edificherò la mia Chiesa; e le porte dell'inferno non la potranno vincere: ed io ti darò le chiavi del regno de' cieli; e tutto ciò che tu avrai legato in terra sarà legato ne' cieli; e tutto ciò che avrai legato sciolto in terra sarà sciolto ne' cieli." Feci osservare: primo, che Gesù Cristo avendo detto: "Sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa," indicando Pietro, è evidente che egli avesse voluto dire che sopra Pietro avrebbe edificata la sua Chiesa: quindi sebbene Cristo sia il fondamento principale, la pietra invisibile; ciò non esclude, anzi include, che S. Pietro ne sia il fondamento visibile; che Gesù Cristo è il capo della Chiesa nel cielo, mentre S. Pietro è il capo di essa sulla terra. Feci osservare in secondo luogo che al solo Pietro, in questo passo, sono promesse le chiavi del regno de' cieli, con piena autorità di sciogliere e di legare: "Ed io sfido, soggiunsi, tutti i Protestanti del mondo, a citarmi un solo passo nel quale le chiavi del regno de' cieli, cioè il simbolo della autorità assoluta sieno state promesse ad altri che al solo Pietro. Pietro dunque ha avuto da Gesù Cristo il primato su tutta quanta la Chiesa. Ed infatti, osserva giustamente il cardinal Bellarmino, se queste parole non indicassero una autorità data a S. Pietro, perchè il Signore le avrebbe indirizzate a lui solo?"
Io mi accingeva a citare altri passi in favore del primato; ma il Valdese me lo impedì, dicendo che, prima di occuparci di altri passi biblici, era necessario discutere bene sopra questo, che era il più interessante. Poscia mi rispose presso a poco ne' termini seguenti:
"Il vostro primo raziocinio su questo passo è basato sopra una falsa supposizione, che voi prendete per una verità dimostrata: voi supponete che Pietro sia la pietra sopra la quale Gesù Cristo disse di voler edificare la sua Chiesa; ma questa supposizione è evidentemente falsa, e la falsità di essa è dimostrata dal Vangelo stesso. Il Nuovo Testamento è pieno di dichiarazioni che dimostrano Cristo, e Cristo solo, essere la pietra sopra la quale è fondata la Chiesa (Nota 4 - Gesù Cristo è la pietra fondamentale della Chiesa).
Difatti, se Gesù Cristo con le parole da voi citate avesse voluto dire che Pietro era la pietra fondamentale della Chiesa, S. Pietro lo avrebbe saputo: or come va che S. Pietro stesso, per ben due volte (Atti IV, 11; 1 Lett. cap. II, 4), dice espressamente, che non egli, Pietro, ma Gesù Cristo è la pietra sulla quale è fondata la Chiesa? O volete dunque considerare S. Pietro come un autore ispirato dallo Spirito Santo, ed allora la Santa Scrittura distrugge la vostra interpretazione; o volete considerare S. Pietro come un Papa infallibile, ed allora voi non siete cattolico interpretando il Vangelo al contrario di quello che lo interpreta il primo Papa. In ogni modo, voi non potete mai sostenere la vostra interpretazione."
Questo raziocinio mi confuse passabilmente; e il Valdese, profittando forse del mio imbarazzo, continuò a dire che il semplice buon senso bastava per escludere interamente la interpretazione che dànno i teologi cattolici a quel passo. Osservò che nella lingua siriaca, nella quale secondo ogni probabilità parlava il Signore, essendo quella la lingua che si usava nella Giudea, la parola Cipha, di cui si servì il Signore, significa pietra; e Simone chiamato da Gesù Cipha, o, come noi pronunciamo, Cefa, si tradurrebbe pietra. Se il Vangelo fosse stato scritto in siriaco, vi potrebbe essere stato un equivoco, e preso quel passo isolatamente, senza spiegarlo con altri passi, i quali dicono che la pietra è Cristo, si sarebbe potuto interpretare come fanno i teologi romani, sebbene coll'analogia della Bibbia si distruggesse subito quella interpretazione. Ma lo Spirito Santo ha dettato il Vangelo in greco, e su questo passo ha tolto anche la ragionevole possibilità di un equivoco.
In greco Petroz (Petros) significa Pietro, e significa anche pietra; ma vi è un'altra parola, la parola petra (petra) che anche significa pietra; però con questa differenza, che petros significa una pietra qualunque, e petra significa una roccia, una pietra viva, una pietra da fondarvi sopra una casa. Ora se lo Spirito Santo avesse voluto farci intendere che la Chiesa è fondata su Pietro, avrebbe detto epi toutw tw petrw (e sopra questo Pietro): ciò sarebbe stato più elegante; ma sarebbe stato equivoco, e si sarebbe presentato un addentellato ai teologi romani: ma lo Spirito Santo, non curando la eleganza della locuzione, ha voluto essere chiaro nella dottrina, ed ha detto epi tanth th petra (e sopra questa pietra), cioè non sopra te che sei una pietra qualunque, ma sopra me che sono la roccia, io edificherò la mia Chiesa.
"Questa interpretazione, aggiungeva, non è già la mia; essa è de' vostri santi Padri; di S. Agostino, di S. Giovanni Crisostomo, di S. Ambrogio, di S. Girolamo, di S. Ilario, e di altri (Nota 5 - I Padri insegnano che G. C. è la pietra); ora non ho in memoria che il passo di S. Agostino nel capo XXI del suo libro delle Ritrattazioni, che dice così: "Non fu detto a Pietro: Tu sei pietra; ma: Tu sei Pietro: la pietra era Cristo, e Simone, confessatolo per tale, fu chiamato Pietro."
Io mi rallegrai nel vedere che il mio avversario scendeva sul terreno de' Padri; e subito lo interruppi, e dissi: "Sia pure che nel passo da voi citato S. Agostino parli a quel modo: egli è certo però che in altri luoghi dice tutto il contrario."
"Vorrei che il signor Abate osservasse, riprese il Valdese, la maniera singolare, per non dire irriverente e contradittoria, con la quale i teologi romani trattano quegli antichi dottori che pure chiamano Padri. Mentre da un lato esaltano la loro autorità fino a farne un luogo teologico (Nota 6 - richiama la terza nota della lettera quinta - Luoghi teologici), dall'altro non hanno riguardo dal metterli in contradizione con loro stessi. Noi Protestanti, come voi ci chiamate, che non ammettiamo l’autorità de’ Padri in fatto di domma, che li teniamo come dottori particolari soggetti anch'essi ad errare, ed ammettiamo soltanto la loro autorità per la storia, li rispettiamo assai più che non li rispettano i teologi romani. Per esempio, il passo di S. Agostino da me citato, nel nostro sistema dimostra semplicemente che S. Agostino non era infallibile, che egli ha errato quando ha sostenuto il primato del papa; ma, da uomo onesto e da Cristiano, conosciuto il suo errore, lo ha nobilmente ritrattato; mentre nel sistema della teologia romana si pone in contradizione con sè stesso.
"Il libro delle Ritrattazioni di S. Agostino dovrebbe essere nelle mani di tutti coloro che trattano la controversia. Cotesto dottore, nel calore della discussione, aveva avanzato come vere molte cose, che poi, maturamente considerate, riconobbe essere false; e siccome era più attaccato alla verità che all'amor proprio, così nella sua vecchiaia, riandando tutto quello che aveva scritto, ritrattò tutte quelle cose che credè non essere convenevole ad un Cristiano sostenere; e consegnò tutte queste cose in un libro che chiamò delle Ritrattazioni. Fra le dottrine che ritrattò vi è quella del primato del papa, da lui altra volta sostenuta. Il passo dunque da me citato ha un grandissimo peso: esso annulla tutti gli altri passi di S. Agostino sul primato del papa; esso dimostra che quel dottore ritrattò, come una sua aberrazione, la dottrina del primato."
Il signor Manson venne in mio soccorso, e disse, che egli non voleva entrare in discussione su S. Agostino; ma però era pronto a sostenere che molti Padri avevano interpretato quel passo tu sei Pietro, come esprimente il primato di Pietro sulla Chiesa.
"Quand'anche ciò fosse vero, rispose il Valdese; quand'anche non molti, ma tutti i Padri avessero inteso e spiegato quel passo a quel modo; dovreste rammentare che la verità non dobbiamo cercarla ne' Padri, ma nel Vangelo; che Dio non giudica la nostra fede secondo i Padri, ma secondo il Vangelo. Io non voglio entrare a discutere ex professo sui Padri, e però vi prego a tornare al nostro tema: intendiamo la Bibbia per mezzo della Bibbia stessa, e così lo Spirito Santo infallibile, non i Padri che sono uomini come noi, ne sarà l'interprete.
"Osservate, vi prego: non appena il Signore ebbe dette quelle parole, predisse a' suoi discepoli la prossima sua morte: e Pietro, lasciatosi trasportare dal suo zelo, che non era al certo secondo conoscenza, cerca dissuadere Gesù dal compiere l'opera della redenzione per la sua morte (Nota 7 - Perchè S. Pietro non voleva che Gesù morisse?): allora Gesù, rivoltosi, disse a Pietro: "Vattene indietro di me, Satana; tu mi sei in iscandalo; perciocchè tu non hai il senso alle cose di Dio, ma alle cose degli uomini" (vers. 23). Ora supponiamo che nelle parole antecedenti S. Pietro fosse stato costituito capo della Chiesa; quali ne sarebbero le conseguenze? La prima sarebbe che Gesù Cristo stesso avrebbe chiamato Satana il primo Papa, appena costituito tale; la seconda, che il primo Papa, appena divenuto Papa, alla prima parola che profferì, scandalizzò perfino Gesù Cristo. Queste conseguenze, se le vogliono, se le applichino pure i Papi di Roma."
"Dunque, io dissi secondo voi, la promessa di Gesù Cristo non significa nulla."
"Mi guardi Dio, rispose, dal pensare tal cosa: quella promessa del Signore è la più preziosa promessa che egli abbia fatta alla sua Chiesa, è il carattere distintivo della Chiesa di Gesù Cristo. Promettendo difatti Gesù che avrebbe edificata la sua Chiesa, dimostra in primo luogo che essa non era ancora edificata; e quindi S. Pietro non poteva con quelle parole essere stabilito capo di una Chiesa che non esisteva ancora. Promettendo che egli l'avrebbe edificata su quella pietra, cioè sulla confessione assoluta della sua divinità; su quella confessione che non viene dalla rivelazione della carne e del sangue, cioè dalla ragione umana, ma dalla rivelazione del Padre celeste, vale a dire dalla intera e completa adesione alla Parola di Dio; ha promesso che tutti coloro che sono basati su questa pietra formano la Chiesa di Gesù Cristo, differiscano pure quanto si voglia nelle cose secondarie e di minore momento: e contro una tale Chiesa le porte dell'inferno non potranno mai prevalere."
"Caro signor Pasquali, disse il signor Manson, voi sapete che io non convengo interamente colla dottrina romana; ma nel passo in questione vi è una promessa che Gesù Cristo fece a S. Pietro, ed a S. Pietro solo: per ammettere la vostra interpretazione, bisognerebbe dire o che Gesù non mantenne la promessa fatta a S. Pietro, e dire ciò sarebbe una empietà; o bisogna ammettere che S. Pietro, per essa fosse stabilito capo della Chiesa. Intendiamoci bene però: capo non assoluto, non unico, non primario; ma capo in un certo senso: Gesù senza dubbio è il capo primario, e S. Pietro potrebbe essere capo secondario, o subordinato, o ministeriale; insomma capo non in senso assoluto, ma in un certo senso."
"Determiniamo, riprese il Pasquali, ma sempre secondo la Bibbia, questo certo senso nel quale voi pensate che S. Pietro sia stato costituito capo della Chiesa, ed ogni questione sarà tolta. Pensate forse che S. Pietro sia fondamento della Chiesa, nel senso che essa poggi sopra lui solo ad esclusione degli altri Apostoli? Questo, lo so, è il senso del papismo; ma la Parola di Dio dice che la Chiesa è edificata sul fondamento degli Apostoli e de' profeti (Efes. II, 20): ecco dunque che non Pietro solo, ma tutti gli altri Apostoli, ed anche i profeti, sono nella stessa guisa di Pietro le fondamenta della Chiesa. Non è dunque in questo senso che Pietro è il fondamento o capo della Chiesa.
."Lo sarà forse nel senso che esso ne sia la base principale? Ma dire questo sarebbe dire una bestemmia; imperocchè la Chiesa non sarebbe più di Cristo, ma di Pietro: si sostituirebbe l'uomo peccatore al Figlio di Dio, che ha ricomperata e lavata la Chiesa col suo sangue. "Niuno può porre altro fondamento che quello che è stato posto, il quale è Cristo Gesù" (1 Cor. III, 11). L'unico senso nel quale può Pietro dirsi fondamento della Chiesa, è questo: egli era fondamento nello stesso modo che lo erano gli altri Apostoli. Gesù è la roccia incrollabile, la pietra viva, come la chiama lo stesso S. Pietro, sulla quale la Chiesa è fondata; i dodici Apostoli sono le dodici prime pietre basate su questo fondamento: "E il muro della città aveva dodici fondamenti, e sopra quelli erano i nomi de' dodici Apostoli dell'Agnello" (Apoc. XXI, 14). Ecco l'unico senso nel quale, secondo l'analogia della fede, S. Pietro può essere chiamato fondamento della Chiesa!"
"Se così fosse, dissi, Gesù avrebbe diretto il discorso a tutti gli Apostoli, non a Pietro solo: ma avendo parlato al solo Pietro, è chiaro che ha voluto parlare di un privilegio speciale accordato a lui solo."
"Potrei rispondere, disse il Valdese, che siccome fu il solo Pietro che, a nome di tutti, rispose alla domanda che il Signore aveva fatta, non a Pietro, ma a tutti; così a lui che per tutti aveva presa la parola, fu indirizzata la parola di Gesù che riguardava tutti. Ma forse al signor Abate ed al signor Manson piacerà meglio la risposta che alla questione del signor Abate dà S. Cipriano nel libro della Unità della Chiesa: ecco le sue parole: "Gesù, per manifestare la unità, dispose con la sua autorità in modo che essa incominciasse da uno. Certo gli altri Apostoli erano nè più nè meno di Pietro, avevano tutti la medesima partecipazione di onore e di potere; ma il principio di essa unità doveva uscire da uno di loro, per dimostrare che una è la Chiesa" (Ut unitatem manifestaret, unitatis ejusdem originem ab uno incipientem, sua auctoritate disposuit. Hoc erant utique et coeteri Apostoli quod fuit Petrus, pari consortio praediti et honoris et potestatis; sed exordium ab unitate proficiscitur ut ecclesia una mostretur. Cyprianus, De unit. eccl. cap. 3).
Ecco dunque il perchè Gesù diresse la parola a Pietro, per dimostrare che sebbene tutti gli Apostoli erano eguali e in onore e in potere, pure la loro podestà era una da esercitarsi solidalmente, in guisachè i fedeli si dovessero dire di Cristo, e non di Pietro, di Paolo, di Giovanni ec."
A questo punto il cuore mi balzò nel petto per l'allegrezza: io aveva colto il Valdese in fallo; egli aveva mutilato il passo di S. Cipriano; e tutto trionfante, e con amaro sorriso, dissi: "Ecco la buonafede de' nemici della S. Chiesa! Essi mutilano i passi de' Padri, togliendovi tutto quello che non fa loro comodo, per aver sempre ragione. Ecco il passo di S. Cipriano tutto intero: lo ricordo come se avessi il libro davanti gli occhi: (Ut unitatem manifestaret, unam cathedram constituit (questo voi non lo avete detto), et unitatis ejusdem originem ab uno incipi entem sua auctoritate disposuit. Hoc erant utique et coeteri Apostoli, quod fuit Petrus, pari consortio proediti et honoris et potestatis, sed exordium ab unitate proficiscitur, ET PRIMATUS PETRO DATUR (anche questo non faceva per voi, e lo avete troncato), ut una Christi ecclesia, ET CATHEDRA UNA (ecco la terza mutilazione), monstretur. Ora ditemi se S. Cipriano esclude, o non piuttosto ammette in termini non equivoci il primato di S. Pietro?"
Il Valdese con sorriso ironico, ed un sangue freddo che contrastava troppo col mio caldo, rispose: "Io avrei desiderato che il sig. Abate, non fosse per altro che per onore della causa che sostiene, si fosse taciuto. Le parole ch'egli ha aggiunte al passo di S. Cipriano da me citato, non le ha inventate egli; dicerto le ha trovate nel quaderno che gli ha dettato il suo professore, e si trovano ancora in qualche edizione falsificata di cotesto padre; ma esse sono parole aggiunte per sostenere la dottrina del primato, ed appoggiarla ad una veneranda autorità: esse sono una manifesta interpolazione (Nota 8 - S. Cipriano interpolato). Dico interpolazione manifesta, perchè: 1° nei manoscritti più antichi e più autentici di S. Cipriano non si trovano quelle parole; 2° perchè esse non possono essere di lui, essendo contrarie allo scopo che si era prefisso in quel libro, nel quale voleva unicamente mostrare l'unità della Chiesa e non il primato di S. Pietro; 3° quelle parole non possono essere di Cipriano, perchè in poche parole caderebbe nella più imperdonabile contradizione: come difatti volete far dire a Cipriano che Pietro ebbe il primato sugli altri Apostoli, mentre dice: "Certo gli altri Apostoli erano nè più nè meno di Pietro; avevano tutti la stessa partecipazione di onore e di potere:" come, dico, dopo tali parole, potete credere che S. Cipriano dica: "E il primato si dà a Pietro?" Quando si falsifica, signor Abate, bisogna essere più accorti."
Io restai mutolo a queste osservazioni che mi giunsero affatto nuove, ed alle quali confesso che non seppi rispondere.
A togliermi da quell'imbarazzo, giunse opportuna una diversione. Un rumore di cavalli a galoppo si fece sentire nel viale della villa dal lato dell'ingresso. Un istante dopo due guardie nobili a cavallo, colla spada sguainata, ci annunziarono col loro apparire la presenza del Papa nella villa (Nota 9 - Treni del papa).
All'ingresso della spianata, il Papa scese di carrozza, e si avanzava a piedi verso il palazzo, che il custode aveva frettolosamente aperto. Noi ci levammo da sedere: il Papa passò avanti a noi; io mi prostrai, ed il S. Padre ebbe la degnazione di presentarmi il suo piede acciò lo baciassi; volse uno sguardo ai miei tre amici, i quali erano restati in piedi, col capo scoperto, ma senza inginocchiarsi, e parve sorpreso. Appena passato il papa, uno de' prelati di corte mi chiamò a parte, e mi domandò chi fossero quei miei compagni; io dissi che erano inglesi, ed egli seguì il corteggio.
Il Papa entrò nel palazzo, e si fermò nella sala del biliardo a giuocare con le sue guardie e co' suoi prelati (Nota 10 - Divertimenti di Gregorio XVI). Una delle guardie venne ad intimarci di uscire dalla villa, e ci fu forza obbedire.
Nell'uscire dalla villa, il Valdese mi disse: "Quando vi vedeva prostrato ai piedi del Papa, pensava ad un passo della Bibbia: "E come Pietro entrava, Cornelio, fattoglisi incontro, gli si gettò a' piedi e l'adorò; ma Pietro lo sollevò, dicendo: Levati, io ancora sono uomo" (Atti X, 25, 26). Cosa direste su questo passo?"
Io voleva rispondere, ma credei più prudente tacere, e separarmi da loro per non essere veduto con essi in città. Essi entrarono per la porta Pia, ed io lungo le mura alla mia destra, andai ad entrare per la vicina porta Salara.
Non so se si continuerà la nostra discussione, perchè ci siamo lasciati senza prendere nessun appuntamento. Se si continuerà, io continuerò a tenerti informato.
Credimi sempre il tuo affezionatissimo
Enrico.