Roma, Gennaio 1847.
Mi è rincresciuto trovare nella tua ultima lettera un sospetto
sulla mia condotta. Tu dubiti che la ragione per cui ho tardato un
mese a scriverti, nonostante la mia promessa, sia stata quella di non
voler confessare la mia disfatta. No, caro amico, io ancora non sono
mai uscito perdente dalla disputa, e spero anzi uscirne vittorioso.
Non ti ho scritto appunto, perchè non voleva noiarti
scrivendoti discussioni: voleva aspettare la decisiva vittoria, che
non può tardare, e quindi ti avrei scritto tutto. Ma poichè tu brami sapere tutti i dettagli, sono pronto ad accontentarti. Io mi
esterno con te come con un amico del cuore quale tu sei: non ti
nascondo nulla, neppure i pensieri del mio animo; sicuro che tu non
vorrai compromettermi.
Ecco dunque cosa accadde nella visita dei monumenti.
Andai il giorno convenuto dal signor Manson, e trovai gli altri due.
Prendemmo una carrozza, e, secondo il programma del mio maestro,
condussi i miei amici alla chiesa di S. Pietro
in vinculis
(Nota 1 -
Chiesa di S. Pietro in vinculis). Essa è posta sulla punta meridionale del monte
Esquilino. Un bellissimo portico a cinque arcate, chiuse con eleganti
cancelli di ferro, apre lingresso alla magnifica basilica, che
è di una architettura gaia insieme e maestosa! Non ti dirò
nulla del bellissimo quadro di S. Agostino opera del Guercino, nè
dellaltro rappresentante la liberazione di S. Pietro dal
carcere, opera del Domenichino. Il capo dopera di
Michelangiolo, cioè la statua di Mosè, destinata per il
mausoleo di Giulio II, ecclissa tutto in quella chiesa.
Il sig. Manson, il sig. Sweeteman, ed io eravamo incantati davanti a
quella statua che dimostra fin dove possa giungere il genio dellarte
cristiana. Il Valdese però sorrideva della nostra ammirazione;
quindi, percuotendomi leggermente sulla spalla, Signor abate,
mi disse, mi spieghi un poco una cosa che io non comprendo. La vostra
Chiesa dice che i templi sono luoghi santi, luoghi consacrati al
Signore, case di orazione; ed applica ai suoi templi tutto ciò
che la Bibbia dice del tempio di Gerusalemme: come dunque può
essa trasformare i suoi templi in studii di belle arti o musei, ed
esporli così alla profanazione di noi protestanti, che
entriamo in essi non per pregare, ma per vedere gli oggetti darte?
Risposi che le immagini erano nelle chiese per eccitare la devozione nel
popolo, e che più erano belle più rispondevano al loro
scopo. Luoghi comuni, interruppe: non anticipiamo sulla
questione delle immagini, essa verrà a suo tempo. Ma, sebbene
vi accordassi quello che voi dite, questo monumento certo non è
posto qui per eccitare la devozione, ma per onorare un cadavere di un
Papa. Alla casa del Signore, soggiunsi, si conviene la
magnificenza. Sta scritto però, rispose egli:
La
santità è bella nella tua casa in perpetuo (Salm. XCIII, 5).
Passammo nella sacrestia ove ci aspettava il P. Abate (Nota 2 -
Abate di detta chiesa), il quale ci
accolse con molti complimenti. Nella sacrestia vi è un
bellaltare in marmi, e sopra esso un armadietto fatto di marmi
preziosi, e di bellissimo lavoro. Il P. Abate fece accendere quattro
candele, si mise la cotta e la stola, aprì larmadietto,
e ne trasse una bellurna di cristallo di roccia ove si
conservano le catene di S. Pietro. Il P. Abate ed io ci
inginocchiammo innanzi alle sante catene, e pregammo in silenzio;
quindi baciammo quelle reliquie, ed il P. Abate richiuse larmadio.
Dopo ciò, spogliati gli abiti sacri, raccontò che nel quinto
secolo Giovenale Patriarca di Gerusalemme donò alla
imperatrice Eudossia la catena con la quale era stato inceppato san
Pietro in Gerusalemme per ordine dellempio Erode: Eudossia ne
fece un dono al Papa S. Leone I, il quale avvicinò quella
catena con laltra con la quale S.Pietro era stato legato in
Roma per ordine di Nerone. Le due sante catene, toccandosi, si
unirono e divennero una sola catena che è quella che colà
si conserva. Allora la imperatrice fece rifabbricare questa chiesa;
dico rifabbricare, perchè essa era già una chiesa
fabbricata da S. Pudente, e consacrata da S. Pietro.
Da qui il titolo di S. Pietro
in vinculis.
È poi ben certa questa storia? domandò il Valdese.
Per dubitare della verità di essa, rispose il P. Abate con
gravità, bisognerebbe dubitare della stessa evidenza: se
vogliono prendersi la pena di salire fino al mio appartamento, farò
loro vedere i documenti che provano la verità di essa.
Salimmo allora allappartamento del P. Abate, il quale trasse da
suoi scaffali il primo volume delle opere del P. Tillemont, e alla
pagina 172 lesse queste parole: - La tradizione dice che S.
Pietro convertì in Roma il senatore Pudente che dimorò
nella sua casa, e consacrò in essa la prima chiesa di Roma,
divenuta poscia S. Pietro
in vinculis.
Io era fuori di me per la consolazione, ed ammirava la prudenza del mio
maestro nellavere così bene diretta la mia visita ai
monumenti. Il signor Manson esclamò: Ah! bisogna venire
a Roma per istruirsi nelle antichità ecclesiastiche!
Il Valdese, con la sua solita freddezza, disse: Ma ella crede, P.
Abate, che realmente Tillemont prestasse fede a quel fatto?
Io non so come se ne possa dubitare, riprese il P. Abate: Tillemont si
fonda sulla tradizione.
Ebbene, disse il Valdese: mi favorisca il secondo tomo del Tillemont.
Avutolo, cercò alla pagina 616, e fece vedere che Tillemont
appoggiava una cotale tradizione sul libro apocrifo del
Pastore
attribuito ad Erma (Nota 3 -
Ermete e il libro del Pastore); e poscia dimostrò che tutti gli avvenimenti raccontati in quel libro avvennero ai tempi di Antonino,
cioè verso la metà del secolo secondo: dal che si
dedurrebe che, se si dovesse prestar fede a cotesta tradizione, S.
Pietro sarebbe stato ospite di Pudente alla metà del secondo
secolo, cioè un secolo circa dopo la sua morte.
Il P. Abate ed io restammo annientati da queste osservazioni; ciò
nonostante il P. Abate non si perdè di coraggio; e tolto da un
armadio un antico martirologio in pergamena con le iniziali in
miniatura, lo aprì, e lesse al primo Agosto queste parole in
latino: - A Roma, la consacrazione della prima chiesa,
fabbricata e consacrata da S. Pietro Apostolo. - Ecco un documento
assai più antico del Tillemont.
Il Valdese osservò il martirologio, e dai caratteri e dalle
miniature dimostrò che esso era del secolo XIV. Un
documento, disse, di tredici secoli almeno posteriore al fatto che
con esso si vuole provare, non prova nulla.
Ebbene, rispose il P. Abate, eccovi la testimonianza del cardinal Bona,
e mostrò il libro di quel cardinale sulle liturgie (Nota 4 -
Le catene di S. Pietro). Eccovi la storia di questa chiesa scritta da un nostro
canonico. Il Valdese interruppe: Tutte queste
testimonianze sono più recenti di quella del martirologio. Ma
non ci allontaniamo dal Tillemont: ecco la pagina 504 di questo
secondo tomo cosa dice: legga legga, P. Abate: - Non si può
credere che i Cristiani abbiano avuto chiese, ossia fabbriche
espressamente fatte per raunarsi agli esercizi religiosi, che dopo la
persecuzione di Severo, verso lanno 230. - E potrei, soggiunse,
citarvi tutti i Padri dei primi secoli per dimostrarvi con le loro
testimonianze che i Cristiani fino al terzo secolo non ebbero
templi.
Il P. Abate divenne rosso come una bragia: io sentiva non potermi più
moderare; ed acceso di sdegno dissi al Valdese: E sulla catena
avreste forse qualcosa da opporre?
Nulla affatto: bisognerebbe esser privo di sensi per non vedere che quella
è una catena; ma, per essere ragionevolmente convinti che
quella sia la catena di S. Pietro, bisognerebbe ragionarvi un poco
sopra. Bisognerebbe sapere, per esempio, perchè delle due
catene (Atti XII,6) con le quali era legato S. Pietro in Gerusalemme,
se ne sia conservata una sola; e laltra dove è andata?
Bisognerebbe sapere chi avesse conservata quella catena. Forse Erode?
forse i Giudei? forse i Cristiani? Ma S. Pietro lasciò le
catene in terra nella prigione. Sarebbe bene sapere come nella ruina
di Gerusalemme, quando tutto fu distrutto, solo quella catena fosse
stata conservata. Riguardo a quella di Roma, bisognerebbe dimostrare
che S. Pietro vi fosse stato, lochè è un po
difficile. Se non è stato in Roma, non potè esservi
incatenato. Ma posto anche che vi fosse stato; io domanderei: Chi ha
conservata quella catena? Nerone? Ma egli, che sappia, non era così
devoto. I Cristiani? Ma chi avrebbe osato andarla a domandare? E se
lo avessero osato, lavrebbero essi avuta? E poi, loro signori
sanno bene che in que tempi il culto delle reliquie era stimato
una idolatria; basta leggere Tertulliano, Origene, Giustino Martire,
e gli altri Padri Antichi, per persuadersene. Sicchè, caro
signor Abate, andiamo pure a vedere altri monumenti, nei quali
potrete essere più fortunato; ma questi non mi persuadono
punto.
Questo primo esperimento mi fece conoscere che io aveva a fare con un uomo
che ne sapeva molto più di me: ed allora dava ragione al mio
maestro, e cercava la via di trarmi dimpaccio; e desiderava che
mi fosse venuto fuori con argomenti biblici, per accusarlo di non
essere stato a patti e rompere la discussione con qualche
onore. A tale effetto, anzichè condurlo al carcere Mamertino,
lo condussi alla chiesa detta
Domine quo vadis.
Poco lungi dalla città, sulla via Appia, vi è una piccola
chiesa fabbricata nel luogo ove nostro Signore apparve a S. Pietro.
Ma affinchè tu possa ben conoscere il fatto, ti trascrivo la
iscrizione sul marmo che si trova in detta chiesa. - Questa chiesa è intitolata Santa Maria delle piante, e comunemente
Domine quo
vadis. Delle piante è nominata per lapparizione di
nostro Signore fatta in essa a S. Pietro, quando questo glorioso
Apostolo, persuaso, anzi violentato, dai Cristiani ad uscire di
prigione e partirsi da Roma, sincamminò per questa via
Appia, e giunto a questo luogo sincontrò con nostro
Signore che sincamminava verso Roma: alla cui presenza
maravigliato gli disse:
Domine, quo vadis? (Signore, dove
vai?); ed egli rispose:
Venio Romam iterum crucifigi (Vengo
in Roma per essere crocifisso unaltra volta). Intese subito il
mistero S. Pietro, e si ricordò che a lui ancora aveva
predetto una tal morte, quando gli diede il governo della sua chiesa;
però voltando il passo ritornò a Roma, ed il Signore
sparì, e nello sparire lasciò impresse le sue piante in
un selce del pavimento della strada, e da qui prese questa chiesa il
soprannome delle piante, e dalle parole di San Pietro il nome di
Domine quo vadis... 1830.-
Appena arrivati avanti quella chiesa, il Valdese si fermò a leggere
la iscrizione che è sopra la porta: Ferma il passo, o
passeggiero, ed entra in questo s. tempio che troverai la pianta e
forma di nostro Signore Gesù Cristo quando sincontrò
con S. Pietro che fuggiva dalla prigione. Si raccomanda la elemosina
per la cera e lolio per liberare qualche anima dal purgatorio (Nota 5 -
Rettificazione del testo). Dopo letta quella iscrizione, disse: Non credo che il
signor abate sia più fortunato nella visita di questo secondo
monumento.
Entrammo: sulla parete a destra di chi entra è dipinto il Salvatore che
con la sua croce in spalla cammina verso Roma: nella parete sinistra
vi è dipinto S. Pietro in atto di fuggire da Roma. Nel mezzo
della chiesa vi è una striscia di pavimento in basalto, per
figurare lantica strada, e nel centro una pietra quadrata
bianca, sporgente al disopra del pavimento, e su di essa vi è
la figura delle piante del Signore, ed allintorno vi è
scolpito il versetto del salmo Adoreremo nel luogo dove i suoi
piedi si posarono. Il Valdese prese unaria molto seria,
mi lanciò uno sguardo di compassione, e senzaltro uscì
dalla chiesa: il signor Sweeteman mi parve scandalezzato anchesso;
il sig. Manson stesso non fu contento, e tutti uscirono della chiesa.
Io non capiva nulla di questo scompiglio. Uscii anchio, ed il
Valdese mi parlò con una serietà che mi fece paura.
Signor Abate, io sono cristiano, e non posso soffrire che sotto
aspetto di religione si ponga in ridicolo ladorabile persona
del nostro Signor Gesù Cristo; e che si abusi così della parola di Dio (Nota 6 -
Falsificazione biblica) per inculcare ladorazione di una
pietra. Io voleva giustificare la cosa; ma tutti mi diedero
contro e mi tacqui.
Tutto mi andava a male in quel giorno: allora ripresi il programma del mio
maestro, ed ordinai al vetturino di condurci a S. Pietro in carcere.
S. Pietro in carcere non è che lantica prigione Mamertina
ridotta a cappella. Si scende per una scala moderna fino alla porta
della prigione, sulla quale si legge ancora lantica iscrizione
romana. Entrati nella prima prigione sotterranea, si scende per una
piccola scala alla seconda prigione, che è perpendicolarmente
sotto la prima. Mentre scendevamo per la piccola scala, feci
osservare al sig. Manson sulla parete, limmagine di un profilo
di viso umano; impronta che fu fatta dalla faccia di S. Pietro,
quando nello scendere in quella prigione il carceriere gli die
una ceffata, e lo fece percuotere con la testa nella pietra della
parete, la quale, ammollitasi al tocco della santa testa, ricevè
la impronta della sua faccia. Nel mezzo di questa seconda prigione
sotterranea vi è un pozzo di acqua fatta scaturire
miracolosamente da S. Pietro, quando convertì i carcerieri
Processo e Martiniano, e li battezzò con altri quarantotto
prigionieri.
Il signor Manson era pieno di venerazione per quella prigione nella
quale lApostolo S. Pietro aveva dimorato, ed aveva operati
prodigi; volle gustare quellacqua miracolosa, e conservarne una
piccola bottiglia, che comperò dal custode, per portarla in
Inghilterra. Io mi credeva vittorioso, ed in uscire domandai al
Valdese se era persuaso quello essere il carcere di S. Pietro.
Io credo, rispose, che questo è il carcere Mamertino; perchè
questo veramente è il posto ove era situato. La storia parla
di questo carcere e dice che in esso erano rinchiusi solo glillustri
prigionieri: quindi non poteva esservi rinchiuso il povero pescatore
di Galilea. La storia ricorda i nomi de prigionieri che
abitarono quel carcere; ma fra questi non vi è il nome di
Pietro nè di Paolo; anzi riguardo a questultimo, che fu
veramente in Roma, la storia degli Atti apostolici dice che non fu in
questo carcere. La storia mi dice che coloro che entravano in questo
carcere non uscivano mai vivi, ma vi erano strangolati, ed i loro
cadaveri, a terrore del popolo, erano precipitati dalle scale Gemonie
che guardavano il Foro. Così noi sappiamo che in questo
carcere fu fatto morire Giurgurta; furono strangolati per ordine di
Cicerone, Lentulo, Cetègo, Statilio, Sabinio e Cepario, capi
della congiura di Catilina: in esso fu ucciso Sejano per ordine di
Tiberio, e Gioras figlio di Simone capo de Giudei fatto
prigioniero da Tito: ma nessun documento storico parla nè di
S. Pietro nè di S. Paolo. La storia dice che nessuno da questo
carcere usciva vivo: dunque S. Pietro non vi è stato, perchè
secondo voi non è morto qui.
Inoltre voi mi avete fatto vedere a
Domine quo vadis che S.
Pietro a persuasione de Cristiani era uscito dalla prigione. Ma
da questa prigione non si poteva uscire, ed in essa non si poteva
parlare con alcuno: non vi era altro modo di entrarvi che per
lapertura praticata in alto: la prima apertura metteva al
carcere superiore che era pure inaccessibile; ma S. Pietro sarebbe
stato al carcere inferiore inaccessibilissimo, ed assolutamente
impossibilitato ad uscirne. Non si può ammettere che ne
uscisse per miracolo, come uscì dal carcere di Gerusalemme;
perchè allora non avrebbe potuto aver luogo il rimprovero che,
secondo voi, ebbe da Gesù Cristo per esserne uscito. Sicchè vedete bene che questo carcere non prova nulla in vostro favore.
E la figura di S. Pietro impressa sulla pietra? e lacqua
miracolosa? e il battesimo dei prigionieri sono dunque tutte
imposture?
Mio caro signor abate, non vi lasciate accecare dai pregiudizi; ma
ragioniamo pacatamente prima di ammettere come certi i fatti. La
scala, alla metà della quale è la pretesa figura di S.
Pietro, è di costruzione recente: quando il carcere Mamertino
era una prigione, non vi si scendeva per quella scala che non
esisteva; ma si calavano in essa i prigionieri dal foro superiore. Se
dunque non vi era quella scala, S. Pietro non potè passarvi e
lasciare la sua figura sulla pietra. In quanto al pozzo, non vi vedo
un miracolo: dovunque si scava in Roma a quel livello, si trova acqua
che non è punto miracolosa. È poi cosa assurda
pretendere che Dio operasse il miracolo di far sorgere quellacqua
per battezzare i carcerieri; i quali potevano facilmente portare
lacqua necessaria al battesimo, senza bisogno che si operasse
un miracolo. Finalmente è un assurdo pretendere che insieme
con S. Pietro e S. Paolo vi fossero in quella prigione altri
quarantotto prigionieri: primo perchè quella era una prigione
eccezionale, come abbiam detto; e poi, misurate pure la prigione e
vedrete essere assolutamente impossibile che in essa fossero potute
stare cinquantadue persone; neppure se fossero state come le acciughe
in barile.
Nelludire queste ragioni, il signor Manson gettò via la bottiglia di
acqua che aveva comperata, il signor Sweeteman rideva, ed io mi
mordeva le labbra per la rabbia, non sapendo cosa rispondere di
solido a tali ragioni. Io sono convinto che una buona risposta vi
deve essere; ma io non la conosceva, e mi sdegnava contro il mio
maestro che avendomi dato il programma, non mi avesse prevenuto delle
obbiezioni del Valdese, e non mi avesse insegnate le risposte da
farsi.
Ebbene, dissi, andiamo a vedere il luogo ove S. Pietro fu crocifisso.
Volete dire, rispose il Valdese, il famoso tempietto di Bramante (Nota 7 -
Tempietto di Bramante) in
S. Pietro Montorio. Risparmiamo quella faticosissima salita ai nostri
poveri cavalli: ed ecco il perchè. Io ho buone ragioni per
credere che non solo S. Pietro non è morto in Roma, ma che
egli non vi è mai venuto; ma quand'anche fossi persuaso che S.
Pietro fosse morto in Roma, la vista del foro ove diciotto secoli fa
sarebbe stata piantata la croce di S. Pietro, mi farebbe ridere. Chi
può credere che quel foro, fatto sul terreno, siasi fatto
conservato per tanti secoli? Eppoi i cultori delle antichità
cristiane che sono in Roma, sebbene credono che S. Pietro morisse in
questa città, pure non sono di accordo intorno al luogo del
suo martirio. Leggete Bosio, leggete Arrighi, e quanti mai hanno
scritto sul martirio di S. Pietro, e vedrete che alcuni di essi
sostengono che S. Pietro fosse ucciso sul colle Vaticano, altri tra
il Vaticano e il Gianicolo ove è il tempietto di Bramante.
Sicchè è inutile che vi andiamo.
Più si andava innanzi, più io mi trovava confuso e scoraggiato:
ciononostante, siccome non aveva un motivo onesto per ritirarmi con
onore, mi feci un pò di coraggio e condussi i miei compagni
alla chiesa di S. Maria in Traspontina appartenente ai Padri
Carmelitani.
Entrati in chiesa, chiamai il frate sagrestano acciò ci mostrasse le
colonne di S. Pietro. Io sperava che il frate si sdegnasse sulle
osservazioni che il Valdese avrebbe fatte, e nascesse così una
contesa che mi avrebbe dato un buon pretesto per ritirarmi; ma invece
accadde il contrario. Il frate ci condusse alla quarta cappella a
sinistra, ove, appoggiate alle due pareti, incassate in legno, si
conservano due colonne di marmo. Una iscrizione in versi latini dice
che essendo i due Apostoli Pietro e Paolo legati a quelle due colonne
e flagellati, gli apparve la immagine del Salvatore, che è su
quellaltare, e parlò loro per lungo tempo consolandoli
nei loro dolori.
Il Valdese sorrideva. Il frate sagrestano volgendosi verso lui gli
disse: Ella dunque non crede che questo sia vero? Per
crederlo, rispose, desidererei vedere un qualche documento. La storia
non ci dice nulla di questo fatto, e mi pare leggerezza crederlo
senza nessuna prova. Daltronde queste colonne furono trovate
nello scavare le fondamenta di questa chiesa nel 1563, cioè
quindici secoli dopo la morte di S. Pietro: chi dunque quindici
secoli dopo ha potuto attestare il fatto? In quanto poi alla
immagine, la impostura è troppo grossolana; basta guardarla,
per vedere che essa è opera relativamente moderna. Eppoi egli
è fuor di dubbio che luso delle immagini fra i Cristiani
incominciò molto tempo dopo S. Pietro.
Ha ragione il signore, disse il sagrestano: in tanti anni che faccio
vedere queste colonne ai forestieri, ne ho trovati pochissimi che vi
hanno creduto. E neppure io vi credo: ma cosa vuol fare? Ognuno deve
fare il suo mestiere.
Uscimmo dalla chiesa, e, fatti pochi passi, il Valdese ci pregò di
entrare un momento con lui nella prossima chiesa di S. Giacomo
Scossacavalli (Nota 8 -
S. Giacomo Scossacavalli). Entrammo, ed esso ci fece vedere due grossi
pezzi di marmo non lavorato, ed indicandoceli diceva: Non vi è
alcun dubbio, questa è pietra del paese: ebbene leggete.
Era scritto sopra que marmi che S. Elena li aveva portati da
Gerusalemme; che uno di essi era laltare sopra il quale Abramo
aveva legato il suo figlio Isacco per sacrificarlo, laltro era
laltare sopra il quale era stato posto il bambino Gesù
per essere circonciso. Vedete, soggiunse, qual fede possa
prestarsi ai monumenti che si conservano in Roma.
Il mio scoraggiamento aumentava, e nel mio cuore pregava la Vergine
Maria ed i Santi Apostoli, acciò mi aiutassero. Giungemmo
finalmente a S. Pietro. Appena entrati in chiesa, il Valdese mi
disse: Giacchè il signor abate ci ha fatto testè
vedere due colonne, anchio voglio mostrarvene una.
Ciò detto, ci condusse alla prima cappella a destra di chi entra, detta
la cappella della Pietà. Quivi si vede una colonna con una
iscrizione, la quale dice: essere quella una colonna del tempio di
Salomone, alla quale si appoggiava Gesù Cristo quando
predicava nel tempio. La Bibbia dice che il magnifico tempio di
Salomone fu distrutto interamente da Nebucadnesar; dimodochè,
quando fu riedificato da Zorobabel, bisognò incominciare dallo
scavare di nuovo i fondamenti. La storia dice, e Gesù Cristo
lo aveva predetto, che del tempio che esisteva a tempi della
sua vita terrestre, non restò pietra sopra pietra: come dunque
si è conservata questa colonna? Ecco lantichità di cotali monumenti!
Non mi restava altra speranza di convincerlo che facendogli vedere la
cattedra di S. Pietro: lo condussi dunque dinanzi al magnifico altare
di essa.
Questo grandioso monumento è collocato nellabside della
basilica, incontro la porta principale di essa. Quattro statue
colossali in rame dorato, alta ciascuna palmi ventiquattro,
sostengono leggermente e come in trionfo la cattedra di S. Pietro, la
quale è dentro una fodera di rame dorato, con magnifici lavori
di scultura e di cesello. I quattro colossi rappresentano due dottori
della Chiesa latina, cioè S. Agostino e S. Ambrogio, e due
dottori della Chiesa greca, cioè S. Atanasio e S. Giovanni
Crisostomo. Un gruppo di angeli, scherzando fra nuvolette dorate,
servono come di corona ad una colomba trasparente rappresentante lo
Spirito Santo, che in mezzo di una grande finestra ellittica con
vetri dipinti sembra gettar fasci di luce sulla cattedra, e così stabilire una specie di comuicazione fra essa ed il cielo.
Tanto magnifico e sorprendente è quel lavoro che il signor Sweeteman
che non lo aveva veduto fu attonito per lammirazione, ed il
signor Manson disse: Spero che il signor Pasquali non avrà
nulla ad obbiettare sopra un monumento così magnifico.
Non ho nulla a dire dal lato della magnificenza: non si poteva fare di
più per appagare i sensi: ma avrei i miei motivi per credere
che quella sedia sostenuta dai quattro dottori, ed onorata di una
festa particolare, anzichè essere la sedia dellumile
Apostolo del Signore, sia la sedia di Solimano Califfo di Babilonia,
o di Saladino di Gerusalemme.
Io non potrei più resistere a così orribile bestemmia: non
so fin dove mi avrebbe condotto il mio zelo; ma un tremore convulsivo
mi prese, ed essi mi ricondussero in casa, e fui costretto a mettermi
in letto.
Domani, se piace a Dio, ti scriverò il resto di questa avventura.
Il tuo amico
Enrico.