Il proponimento dell'elezione di Dio

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Dio fa misericordia a chi vuole e indura chi vuole

L'apostolo Paolo dice ai Romani: "Perché quelli che Egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati ad esser conformi all'immagine del suo Figliuolo, ond'egli sia il primogenito fra molti fratelli; e quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati" (Rom. 8:29-30).

Ora, secondo l'apostolo solo quelli che Dio ha preconosciuti sono stati predestinati ad ottenere la giustificazione. Ma che significa che Dio ha preconosciuto e predestinato alcuni ad essere giustificati? Significa forse semplicemente che Dio sapeva che costoro si sarebbero ravveduti e avrebbero creduto in Cristo e sarebbero stati così giustificati? Ma se fosse così che senso avrebbe parlare di predestinazione nei loro confronti? Non è forse vero che il verbo predestinare, come dice da se stesso, significa ‘stabilire in precedenza'? Facciamo un esempio. Se io decido di comprare un certo campo con lo scopo di destinare una precisa parte di esso, mettiamo caso un decimo, alla costruzione di una casa; ed una altra parte, i nove decimi, alla coltivazione di agrumi, non ho forse deciso il destino di quel campo in anticipo? E quando dopo averlo comprato metto in atto il mio proposito non si può forse dire che quel campo era stato da me predestinato ad essere usato in quella maniera? Certo che si può dire. Dunque se Dio ci ha predestinati ad essere giustificati significa che tra tutti gli uomini da lui creati sulla terra egli, ancora prima che noi lo conoscessimo cioè ancora prima che credessimo, aveva decretato di indurci a credere nel suo Figliuolo Gesù Cristo. Ci fece forza e ci vinse, ci persuase e noi ci lasciammo persuadere; senza sapere assolutamente nulla del suo decreto divino nei nostri confronti. Ma forse tu dirai: Ma sono io che mi sono ravveduto e creduto in Gesù, la scelta è stata la mia, non di Dio! Vorrei allora domandarti: chi ti ha dato il ravvedimento? Non è forse stato Dio secondo che è scritto: "Iddio dunque ha dato il ravvedimento anche ai Gentili affinché abbiano vita"? (Atti 11:18). E chi ti ha dato la fede? Non è forse stato Dio perché Paolo la chiama "il dono di Dio" (Ef. 2:8) e dice che ciò non vien da noi? Che hai dunque che non l'hai ricevuto da Dio? Niente, dunque se ti sei ravveduto ed hai creduto è perché Dio ha voluto darti il ravvedimento e la fede. Lui ti aveva preordinato a vita eterna, per questo tu credesti; nella stessa maniera dei credenti di Antiochia di Pisidia secondo che è scritto: "E tutti coloro che erano preordinati alla vita eterna, credettero" (Atti 13:48 nuova Diodati). Ma forse adesso dirai: Ma sono io che ho voluto andare a Gesù! Sei andato a Gesù perché hai voluto andare a Gesù, è vero questo; ma è altresì vero che sei andato a Gesù perché Dio ha voluto attirarti a Cristo senza che tu sapessi nulla. Non hai mai letto queste parole di Gesù: "Niuno può venire a me se non che il Padre, il quale mi ha mandato, lo attiri" (Giov. 6:44), e: "Niuno può venire a me, se non gli è dato dal Padre" (Giov. 6:65)? Nota bene come per ben due volte Gesù disse "se non". Dunque ti ribadisco che tu non avresti giammai potuto andare a Gesù SE NON ti fosse stato dato dal Padre di andare a Cristo.

Mi dirai a questo punto: ma allora anche chi non si ravvede e non crede in Gesù, va in perdizione in seguito ad un decreto di Dio nei suoi confronti? Sì, proprio così. Tu allora mi dirai: ma ciò è un ingiustizia, tu fai passare Dio per un Dio ingiusto, senza pietà, che si prende gioco delle sue creature? Ascolta quello che dice la Scrittura e vedrai che non è così come tu dici. L'apostolo Paolo per spiegare come mai solo un residuo del popolo d'Israele ha accettato la salvezza mentre la maggior parte dei Giudei l'hanno rigettata, parla della nascita di Esaù e Giacobbe. Egli dice che "prima che fossero nati e che avessero fatto alcun che di bene o di male, affinché rimanesse fermo il proponimento dell'elezione di Dio, che dipende non dalle opere ma dalla volontà di colui che chiama, le fu detto [a Rebecca]: Il maggiore servirà al minore; secondo che è scritto: Ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù" (Rom. 9:11-13). L'esempio preso da Paolo mostra che Dio scelse Giacobbe e rigettò Esaù ancora prima che nascessero e facessero alcunché di bene o di male. Il loro destino era stato già segnato da Dio prima che nascessero. Dopo che nacquero naturalmente le cose andarono come Dio aveva predetto; perché il maggiore diventò servitore del minore. Ma perché le cose andarono in quella maniera? Semplicemente perché Esaù vendette la sua primogenitura a Giacobbe, e quest'ultimo con l'inganno si appropriò della benedizione che spettava a Esaù? Ovvero le cose andarono in quella maniera perché Esaù e Giacobbe decisero di agire in quella maniera (comportamento sbagliato da ambedue le parti) e basta? Sì i due fratelli si comportarono in quella maniera, ma dietro tutto ciò c'era la mano di Dio che dirigeva tutte le cose affinché le parole dette a Rebecca si adempissero. Fu ingiusto Dio ad agire in quella maniera nei confronti di Esaù e Giacobbe? Così non sia; non è forse vero che lui fa tutto quello che vuole in cielo, in terra e negli abissi (cfr. Sal. 135:6), e che è irreprensibile quando esprime un giudizio di qualsiasi genere esso sia? (cfr. Sal. 51:4). L'apostolo Paolo prevedendo che qualcuno sarebbe stato trascinato a dire che Dio è ingiusto difende l'operare di Dio dicendo: "Che diremo dunque? V'è forse ingiustizia in Dio? Così non sia. Poiché Egli dice a Mosè: Io avrò mercé di chi avrò mercé, e avrò compassione di chi avrò compassione. Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. Poiché la Scrittura dice a Faraone: Appunto per questo io t'ho suscitato: per mostrare in te la mia potenza, e perché il mio nome sia pubblicato per tutta la terra. Così dunque Egli fa misericordia a chi vuole, e indura chi vuole" (Rom. 9:14-18). Le parole dell'apostolo sono chiare, molto chiare; e sicuramente questa grande chiarezza disturba non pochi. Si noti che Paolo prende l'esempio di Faraone per attestare che Dio indura chi vuole. Indura chi vuole? Sì proprio così, Dio indura chi vuole. Ma l'esempio di Faraone non è il solo esempio di indurimento prodotto da Dio che troviamo scritto nella Scrittura. Al tempo di Gesù quasi tutti i Giudei furono induriti da Dio affinché non credessero in Gesù. Ecco cosa dice Giovanni: "E sebbene avesse fatto tanti miracoli in loro presenza, pure non credevano in lui; affinché s'adempisse la parola detta dal profeta Isaia: Signore, chi ha creduto a quel che ci è stato predicato? E a chi è stato rivelato il braccio del Signore? Perciò non potevano credere, per la ragione detta ancora da Isaia: Egli ha accecato gli occhi loro e ha indurato i loro cuori, affinché non veggano con gli occhi, e non intendano col cuore, e non si convertano, e io non li sani" (Giov. 12:37-40). Perché non credettero quei Giudei in Gesù? Perché non potevano credere. Il motivo è chiaro, perché Dio indurò i loro cuori e accecò i loro occhi. In altre parole, perché non fu loro dato di credere in Gesù, di andare a Gesù. Si dovevano adempiere le parole del profeta Isaia e quindi non potevano credere. E di chi erano le parole del profeta? Di Dio. Dunque Dio aveva deciso di non far credere la maggior parte dei Giudei. Gesù sapeva questo, infatti è per questo che egli parlava alle turbe in parabole. Egli un giorno disse ai suoi discepoli che gli domandarono perché parlasse alle turbe in parabole: "Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli; ma a loro non è dato" (Matt. 13:11). Nonostante ciò però, Gesù pianse su Gerusalemme perché lo aveva rigettato e disse che essi non avevano voluto convertirsi. Ecco le sue parole: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figliuoli, come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!" (Matt. 23:37). Non avete voluto, disse Gesù. Eppure egli sapeva che non avevano voluto perché Dio aveva indurato i loro cuori e accecato i loro occhi. Questo a dimostrazione che la volontà che l'uomo impiega nel rigettare l'Evangelo gli viene addebitata anche se il suo rigetto rientra nel volere di Dio.

Questo rigetto da parte dei Giudei fu necessario affinché Cristo morisse per i nostri peccati, cioè il fatto che i Giudei perseguitarono Gesù e lo appiccarono per mezzo dei Gentili alla croce fu qualcosa che Dio aveva innanzi determinato che avvenisse per il nostro bene. Pietro infatti disse ai Giudei: "Uomini israeliti, udite queste parole: Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra voi mediante opere potenti e prodigî e segni che Dio fece per mezzo di lui fra voi, come voi stessi ben sapete, quest'uomo, allorché vi fu dato nelle mani, per il determinato consiglio e per la prescienza di Dio, voi, per man d'iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste; ma Dio lo risuscitò, avendo sciolto gli angosciosi legami della morte, perché non era possibile ch'egli fosse da essa ritenuto" (Atti 2:22-24). Si notino molto bene le parole "per il determinato consiglio di Dio e per la prescienza di Dio". Evidentemente i Giudei non sapevano che così agendo avrebbero adempiuto le parole dei profeti perché Cristo sarebbe morto per gli ingiusti, eppure Dio si usò della loro malvagità, della loro incredulità per far sì che Gesù morisse per i nostri peccati. Non bisogna dunque riconoscere che Dio è savio, e si usa di persone indurite da lui stesso per adempiere i suoi disegni? Sì, proprio così. E non bisogna pure riconoscere che Dio indurendo i cuori degli uomini trae gloria per il suo nome? Sì, infatti sia nel caso di Faraone, citato prima, e sia nel caso dei Giudei che crocifissero Gesù, Dio ha tratto somma gloria. Faraone infatti fu prima da lui umiliato grandemente con segni e prodigi di ogni genere e poi fatto sommergere dalle acque del Mar rosso assieme al suo esercito; al che gli Israeliti si misero a esaltare Dio per la sua grandezza (cfr. Es. 15:1-19). Gesù fu da Dio risorto il terzo giorno per la gioia dei suoi discepoli e di tutti coloro che nel corso dei secoli avrebbero creduto in lui, risurrezione da cui Dio trasse somma lode allora (cfr. Luca 24:53) e ne continua a trarre adesso.

Dopo aver detto che Dio fa misericordia a chi vuole e indura chi vuole, Paolo dice: "Tu allora mi dirai: Perché si lagna Egli ancora? Poiché chi può resistere alla sua volontà? Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio? La cosa formata dirà essa a colui che la formò: Perché mi facesti così? Il vasaio non ha egli potestà sull'argilla, da trarre dalla stessa massa un vaso per uso nobile, e un altro per uso ignobile? E che v'è mai da replicare se Dio, volendo mostrare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con molta longanimità de' vasi d'ira preparati per la perdizione, e se, per far conoscere le ricchezze della sua gloria verso de' vasi di misericordia che avea già innanzi preparati per la gloria, li ha anche chiamati (parlo di noi) non soltanto di fra i Giudei ma anche di fra i Gentili?" (Rom. 9:19-24). Ancora una volta le parole di Paolo sono chiare. Dio è sovrano e ha decretato di trarre dalla massa degli uomini alcuni per la gloria ed altri per la perdizione. Chi siamo noi da potergli replicare?

Che dire allora della volontà dell'uomo se tutte le sue vie dipendono da Dio e il suo destino è già stato segnato da Dio? Diremo che essa, ad insaputa dell'uomo che vive ancora sotto la potestà delle tenebre, viene plasmata da Dio e rivolta nella direzione da lui decretata, per cui chi lui ha predestinato ad essere giustificato sarà messo in grado da Dio (nel tempo da lui fissato) di credere in Gesù Cristo tramite una infinita serie di circostanze, mentre chi è stato preparato per la perdizione non sarà da lui messo in grado di credere.

E che dire allora del dopo avere creduto? Diremo questo. Chi ha creduto deve studiarsi di rendere ferma la sua vocazione ed elezione perseverando nella fede ed essendo zelante nelle opere buone, perché questa è la volontà di Dio. Ma c'è la possibilità che egli perda la giustificazione ottenuta? La risposta è sì, e la Scrittura questo ce lo insegna. Questo avverrà nel caso egli si tirasse indietro commettendo il peccato che mena a morte che consiste nell'abbandono e nel rinnegamento del Signore. Questo lo attestò Dio quando disse a Mosè: "Colui che ha peccato contro di me, quello cancellerò dal mio libro" (Es. 32:33). Anche lo scrittore agli Ebrei attesta ciò in questi termini: "Perché quelli che sono stati una volta illuminati e hanno gustato il dono celeste e sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo a venire, se cadono, è impossibile rinnovarli da capo a ravvedimento, poiché crocifiggono di nuovo per conto loro il Figliuol di Dio, e lo espongono ad infamia. Infatti, la terra che beve la pioggia che viene spesse volte su lei, e produce erbe utili a quelli per i quali è coltivata, riceve benedizione da Dio; ma se porta spine e triboli, è riprovata e vicina ad esser maledetta; e la sua fine è d'esser arsa" (Ebr. 6:4-8); ed anche: "Perché, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non resta più alcun sacrificio per i peccati; rimangono una terribile attesa del giudizio e l'ardor d'un fuoco che divorerà gli avversarî. Uno che abbia violato la legge di Mosè, muore senza misericordia sulla parola di due o tre testimoni. Di qual peggior castigo stimate voi che sarà giudicato degno colui che avrà calpestato il Figliuol di Dio e avrà tenuto per profano il sangue del patto col quale è stato santificato, e avrà oltraggiato lo Spirito della grazia?" (Ebr. 10:26-29).

Come si può dunque conciliare la dottrina della predestinazione con la dottrina che dice che uno che ha creduto può pure perdere la salvezza? Certamente si può conciliare, anche se apparentemente sembra il contrario. In effetti pare che queste dottrine si annullino a vicenda, che siano contraddittorie, ma nella realtà sappiamo che non è così.

 

Alcune parole in difesa della predestinazione

Si rimane veramente meravigliati nel constatare che una dottrina così ampiamente confermata dalle Sacre Scritture sia così tanto trascurata in seno alle Chiese. E' molto più facile sentire pastori predicare su certe cose non rivelateci, che sentire pastori predicare sul proponimento dell'elezione di Dio che ci è stato rivelato. Come mai? Le ragioni sono le più svariate.

Certamente una di queste è l'ignoranza da parte di questi pastori, cioè la loro mancanza di conoscenza delle Scritture cosa che purtroppo si deve constatare anche su tante altre dottrine bibliche.

Un'altra ragione è perché il termine PREDESTINAZIONE fa subito pensare alla dottrina ‘una volta salvati sempre salvati' per cui è meglio non parlare proprio di predestinazione affinché i credenti non si illudano che anche se si comporteranno come vogliono saranno alla fine salvati ugualmente. Ma ciò non è giusto perché l'apostolo Paolo che di predestinazione ne ha parlato parecchio ha messo in svariate maniere in guardia i credenti dall'adagiarsi sul fatto di essere stati predestinati a credere infatti fu lui medesimo che ai santi di Roma nel parlare del troncamento dei rami naturali (i Giudei disubbidienti) e dell'innesto dei rami selvatici (i Gentili che hanno creduto) disse: "Bene: sono stati troncati per la loro incredulità, e tu sussisti per la fede; non t'insuperbire, ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppur te. Vedi dunque la benignità e la severità di Dio; la severità verso quelli che son caduti; ma verso te la benignità di Dio, se pur tu perseveri nella sua benignità; altrimenti, anche tu sarai reciso" (Rom. 11:20-22). Dunque se Paolo insegnò ai santi di Roma la predestinazione e nello stesso tempo li mise in guardia dal non volere perseverare nella benignità di Dio, non si capisce proprio perché coloro che sono preposti a pascere il gregge del Signore non debbano fare lo stesso. Perché trascurare una parte così importante e fondamentale del consiglio di Dio per una paura inesistente? Io sono pienamente persuaso che se la dottrina della predestinazione la si insegna dirittamente, non ci sia il minimo pericolo che i credenti si illudano. E' sufficiente fare presente ai credenti che esiste un peccato che mena a morte dal quale non ci si può ravvedere e che mena in perdizione eterna il credente che lo commetta per fare diradare dalla mente del credente che sente che è stato predestinato qualsiasi pensiero illusorio.

Ma c'è un'altra ragione per cui la predestinazione non viene insegnata nelle chiese, ed è perché purtroppo nel cuore di tanti c'è ancora quel po' di orgoglio che impedisce loro di riconoscere che se loro sono stati salvati è INTERAMENTE in virtù del proponimento dell'elezione di Dio, cioè perché Dio ha deciso di farli credere, in altre parole perché sono stati preordinati a vita eterna. Questo significa che tutto quello che essi ora possiedono l'hanno ricevuto da Dio e non è qualcosa che viene da loro, dal ravvedimento che li ha portati a umiliarsi davanti a Dio, alla fede con cui hanno ottenuto il perdono e la vita eterna, tutto gli è stato dato da Dio. Ecco perché Paolo domanda ai santi di Corinto: "Che hai tu che non l'abbia ricevuto?" (1 Cor. 4:7), perché Egli sapeva che i santi non avevano nulla che non avessero ricevuto da Dio. Questi credenti però mettono molta, direi troppa enfasi, sul fatto che sono stati loro che hanno voluto ravvedersi, che hanno voluto credere, ecc. Per loro è duro accettare che la loro volontà è stata semplicemente plasmata da quella dell'Onnipotente a loro insaputa. Per loro è inaccettabile che loro sono potuti andare a Gesù solo perché gli è stato dato dal Padre! Ecco perché si turano gli orecchi, o preferiscono non sentire chi parla di predestinazione. Questa è follia, perché significa non riconoscere appieno la sovranità di Dio nell'universo, non si vuole riconoscere la veracità di Dio. Ma soprattutto perché si toglie a Dio una parte della gloria, perché la si prende per sé. Se infatti io dico che ho creduto perché ho voluto credere e non perché Dio ha voluto che io credessi, io non glorifico Dio per avermi dato la fede. Ma allora perché lo devo glorificare? Semplicemente perché io dopo avere scelto Cristo sono stato salvato da Cristo! In altre parole per andare a Cristo ci ho pensato io, ma per la salvezza dell'anima mia ci ha pensato Cristo. Detto ancora in altre parole, la fede per credere in Cristo è stata la mia, quella che invece mi permette di perseverare mi è data da Dio. Come dire insomma, guarda che per la mia salvezza non ha fatto tutto il Signore! L'orgoglio è duro a morire in costoro. Sappiate però voi orgogliosi che questo vostro orgoglio abbassa voi e non Dio, anche se apparentemente è Dio ad essere abbassato. Ma ditemi: che difficoltà incontrate nel riconoscere che il ravvedimento e la fede vi sono stati dati da Dio in virtù del suo proponimento? Ma come mai ammettete con molta facilità che non siete nati la prima volta per la vostra volontà ma per quella dei vostri genitori, o meglio perché lo ha voluto Dio, e poi quando si parla della nuova nascita voi cominciate a dire che siete voi ad avere voluto nascere di nuovo? Ma se si è nati da Dio, non significa forse questo che siamo nati di nuovo per la volontà di Dio e quindi per un suo decreto? Non è forse scritto che egli ci ha generati DI sua volontà (cfr. Giac. 1:18)? Non è forse scritto che noi non siamo nati da volontà d'uomo e né da volontà di carne ma da Dio (cfr. Giov. 1:12-13)? Abbassatevi dunque davanti a Dio, e dategli la gloria, tutta la gloria che egli merita di ricevere anche da voi.

Infine c'è un'altra ragione, e cioè che questa dottrina – a dire di costoro – fa apparire Dio ingiusto perché mentre avrebbe deciso innanzi tempo di salvare alcuni avrebbe pure deciso di mandare in perdizione o lasciare andare in perdizione tutti gli altri. Ma io vorrei domandare a costoro: Ingiusto per quale motivo? Per lasciare andare in perdizione persone che in virtù del fatto che sono sotto condanna meritano di andare in perdizione a motivo della loro ribellione a Dio? E' un ingiustizia questa? Dio sarebbe ingiusto se desse la salvezza ad alcuni per le loro opere mentre ad altri solo per la loro fede, in questo caso sì che sarebbe ingiusto. Ma il fatto che egli decida di fare grazia a chi vuole Lui non mi pare proprio che sia una ingiustizia. Non è libero il Padrone dei cieli e della terra di fare di quello che possiede quello che gli pare e piace? No, Dio non è ingiusto nel fare grazia a chi vuole e nell'indurire chi vuole. Ma ditemi un po': ‘Ma allora voi pensate che anche l'anticristo potrà forse ravvedersi e credere in Gesù Cristo?' Se sì, dovreste spiegarmi che cosa significa che "deve… andare in perdizione" (Ap. 17:8) e che Gesù lo distruggerà col soffio della sua bocca e lo getterà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo. Come può avere la possibilità di ravvedersi e credere se è stato predestinato ad essere distrutto ed andare in perdizione? Voi forse direte a questo punto: ‘Ma quello è un caso speciale!' Ammesso e non concesso che sia così come dite voi, ma è pure sempre un induramento prodotto da Dio in un essere umano come noi. Perché mai dunque Dio lo farebbe nascere per farlo andare in perdizione? Come mai non ci sarà nessuna possibilità per questo essere umano di essere salvato? Se dunque ammettete che l'uomo del peccato deve andare in perdizione perché non volete ammettere che tanti altri (che Dio solo sa) devono andare in perdizione? Se Dio può farlo con uno, che cosa gli impedisce di farlo con un miliardo o dieci miliardi di persone? Che cosa cambierebbe poi tra uno e un miliardo? Sempre un decreto di Dio rimarrebbe. Quindi se voi dite che Dio è ingiusto nell'indurire chi vuole lui, allora è ingiusto nell'indurire anche l'anticristo? Ascoltate, è proprio come dice la Scrittura, e cioè che Dio indura chi vuole e questo lo fa per manifestare i suoi disegni imperscrutabili che noi che siamo polvere e cenere ora non riusciamo a comprendere appieno. Ma verrà il giorno in cui tutti i disegni di Dio saranno resi palesi, le motivazioni di tutte le sue decisioni pure, e allora tutti dovremo riconoscere che anche tutti quei suoi incomprensibili e apparentemente ‘ingiusti' indurimenti avevano uno scopo ben preciso, quello di glorificare il suo santo nome. Io so questo, che se Dio indurando gli Ebrei del tempo di Gesù contro Gesù stesso ha fornito al mondo la salvezza di cui noi oggi godiamo i frutti, per certo ogni suo altro induramento anche se adesso non lo comprendiamo di certo un giorno dovremo riconoscere che fu fatto per il nostro bene e non per il nostro male.

Ho detto fino adesso perché alcuni non insegnano la predestinazione. Voglio però dire anche perché noi la insegniamo. La ragione è perché è una dottrina biblica e perciò sana nel senso che fa bene a coloro che l'accettano. Il bene che i fratelli ne ricevono è che vedono nella maniera in cui Dio li ha condotti a Cristo una manifestazione mirabile della sua potenza, della sua sapienza, e soprattutto del suo incondizionato amore verso di loro. Essi possono così riconoscere che Dio li ha amati ancora quando giacevano nelle tenebre e ha fatto sì che in un particolare momento della loro esistenza lo conoscessero tramite Cristo. E' Lui dunque che ha voluto farsi conoscere a loro, senza che loro sapessero nulla o della sua esistenza o del fatto che Dio volesse farsi conoscere da loro. Esaminando poi la loro vita passata al servizio dell'iniquità e della vanità riconosceranno come Dio in una maniera incomprensibile ha guidato i loro passi anche quando servivano il peccato con tutte le loro forze, in maniera tale da portarli, nel posto e nel tempo da lui fissato, ad accettare Cristo. Ognuno ha la sua storia, e sa come se non fosse stato per innumerevoli circostanze create e concatenate tra esse dal nostro grande Iddio noi oggi non saremmo dei credenti ma ancora degli increduli e magari pure all'inferno. Il grido che esce dal cuore di chi riconosce che Dio lo ha amato e lo ha guidato e preservato dalla morte anche quando era un peccatore è quindi sì ‘Dio è amore!', ma anche ‘Dio regna, e da lui dipendono chi erra e chi fa errare'. Riconoscendo dunque la sua elezione, il credente farà di tutto per confermare la sua vocazione celeste, e si santificherà nel timore di Dio per onorare colui che ha voluto chiamarlo alla gloria. Una così eccellente vocazione va onorata in ogni maniera, a costo di morire. E poi, il credente anche nei momenti più brutti della sua vita, nel sapere che Dio lo ha eletto avanti la fondazione del mondo si sentirà sollevato e consolato grandemente, perché saprà che colui che non lo abbandonò quando ancora era perduto non lo abbandonerà neppure adesso perché egli è del Signore per l'eternità. E' manifesto dunque che la dottrina della predestinazione è una dottrina edificante perché edifica la chiesa; le dottrine non edificanti sono altre. Forse però qualcuno dirà che la dottrina della predestinazione è ‘poco edificante', per cui vorrei domandare a costoro: ‘Come può una dottrina ‘poco edificante' edificare così tanto i fratelli?'

Butindaro Giacinto


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