di Francesco Toppi
‘Con un linguaggio facile da capire,una parafrasi moderna di 1 Corinzi 6:1 dice: “Come mai, quando tra voi c'è qualche questione, ricorrete alla legge e chiedete al tribunale dei pagani di decidere sul da farsi, invece di presentare la questione ad altri cristiani, perché decidano chi di voi ha ragione?” (I Corinzi 6:1 - The Living Bible ). In realtà lo Spirito Santo guidò l'apostolo a richiamare i credenti di Corinto su un soggetto che se trascurato, avrebbe disonorato la buona testimonianza cristiana. L'argomento è sviluppato con dovizia di particolari perché, secondo l'insegnamento della Scrittura, ricorrere ad un processo per una controversia è una manifestazione di cupidigia, cioè nasconde il desiderio di non perdere i benefici e i diritti acquisiti, rappresenta il tentativo di forzare altri a fare quanto si crede giusto. Questa forma di cupidigia è paragonata, in modo inatteso e quasi incomprensibile, alla dissolutezza, con cui si conclude il passo nei versetti 10 e 11. I primi undici versetti del capitolo 6 della Prima Epistola ai Corinzi si possono suddividere in base a tre affermazioni:
- RICORRERE AI TRIBUNALI È STOLTO –
“...qualcuno di voi... ha il coraggio di chiamarlo in giudizio...” ( I Corinzi 6:1). L'audacia di cui si parla è, in realtà, un atto oltraggioso per gli altri, in quanto chi la esercita non si rende conto del danno che può creare agli altri. Infatti, la Scrittura ritiene che chi compie tali atti non conosce due fatti importanti che sono espressi con altrettante domande retoriche: “Non sapete che i santi giudicheranno il mondo?... Non sapete che giudicheremo gli angeli?” (I Corinzi 6:2-3). I due giudizi si riferiscono al fatto che nell'eternità i redenti dal prezioso sangue di Gesù metteranno a disagio sia gli increduli sia gli angeli decaduti. Gli increduli, in particolare, in quanto non si sono avvalsi delle opportunità di grazia loro offerte. Non è quindi stolto ricorrere alla legge umana per decidere?
- RICORRERE AI TRIBUNALI È RIPROVEVOLE –
Chiedere il verdetto della legge umana, che beninteso va sempre rispettata, vuol dire, come cristiani, dimenticare di essere sottoposti ad un codice spirituale superiore: “Quando, dunque avete da giudicare su cose di questa vita, costituite come giudici persone che nella chiesa non sono tenute in alcuna considerazione” (I Corinzi 6:4). L'Apostolo afferma che perfino i credenti non molto preparati conoscono abbastanza per valutare un caso secondo giustizia, in quanto condotti dallo Spirito di Dio. Quante volte, proprio dai cristiani più semplici ed illetterati, abbiamo ricevuto lezioni spirituali di comportamento cristiano! La comunità cristiana non è soltanto un luogo dove ci si raduna saltuariamente per ascoltare un sermone, è la famiglia di Dio dove possiamo aiutarci a vicenda. Di nuovo, Paolo richiama l'attenzione dei Corinzi con una domanda retorica: “È possibile che non vi sia tra voi neppure una persona saggia, capace di pronunciare un giudizio tra un fratello e l'altro?” (I Corinzi 6:5). Tra le righe, il problema sembra essere costituito dal fatto che chi aveva chiamato in giudizio l'altro, non aveva accettato il consiglio che qualche cristiano gli aveva dato, ed ecco quindi che è scritto: “Perché non patite piuttosto qualche torto? Perché non patite piuttosto qualche danno? Invece siete voi a fare torto e danno; e per giunta a dei fratelli” (I Corinzi 6:7, 8). Il “torto e il danno” è prodotto, in pratica, a carico della testimonianza cristiana nella società, perché i cristiani debbono dimostrare uno stile di vita differente dinnanzi al mondo!
- IL PROBLEMA È SPIRITUALE –
I versetti da 9 a 11 mettono in evidenza la radice del problema, vale a dire la mancanza di spiritualità. Il cristiano veramente spirituale non reagisce come tutti gli altri individui. Ha imparato da Gesù, Colui che “oltraggiato, non rendeva gli oltraggi, soffrendo non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente” (I Pietro 2:23). I cristiani debbono ritrarsi da ogni forma di iniquità, perché è scritto: “Si ritragga dall'iniquità chiunque pronuncia il nome del Signore” (II Timoteo 2:19). L'elenco dei peccati descritto nei versetti 9 e 10 ricorda che per il Signore ogni iniquità è peccato. Come credenti fedeli al Signore non vogliamo mai dimenticare che siamo stati “lavati... santificati... giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio” (I Corinzi 6:11), per appartenere interamente al Signore e seguirLo in “novità di vita”, pronti unicamente ad innalzare il nome Suo santo e la Sua Chiesa, alla quale apparteniamo per grazia' (Francesco Toppi, ‘A quale tribunale ricorrere?' in Risveglio Pentecostale , Maggio 2006, Numero 5 - Anno LX, pag. 3-4).